Giuseppe in piedi, con le mani incrociate sul bastone e sulle mani
poggiata la testa, i re Magi e un paggio dei re. Qualche eco umbro
raffaellesca risuona nelle figure giovanili, ma forse traverso Ce-
sare da Sesto; e la Vergine e Gesù con i tondi lineamenti ristam-
pano in forme pedestri i moduli di Leonardo, da cui deriva an-
che il moto istantaneo del bimbo. L’insieme è fiacco, stentato,
meschino: le dinoccolate figure dei giovani, mascherette di grazia,
la Vergine, sciatta e sonnolenta, contrastano col grottesco San
Giuseppe, che nello sforzo d’irrigiditsi e far da pilastro tende
una gamba, e guata bieco dall’alto in posa di tiranno da mario-
nette.
Sempre Cesare da Sesto è guida al Sabatini nel comporre la
pala per la Badia della Trinità della Cava (fig. 416): si scorge in
essa, nella Madonna arrotondata alla maniera lombarda, un ri-
cordo della Madonna di Foligno, mentre il cumulo di nubi arric-
ciolate e di putti dalle chiome fiammanti fa pensare a un’esterna
imitazione delle pitture di Raffaello, tutte festoni e frastagli,
nella volta della stanza d’Rliodoro. Queste impressioni dal Sanzio,
forse romane, non hanno alcuna influenza vivificante nell’opera
eseguita dal Sabatini a contorni festonati e meccanici, con forme
ritagliate quasi a colpi di forbice in cartoncino e tinte di freschi
colori.
Nessun accenno a motivi raffaelleschi nell’Adorazione de’
Magi del Museo di Napoli (fig. 417), ove la Madonna avvolta in
ampie calligrafiche circonvoluzioni di stoffe e di veli e il grosso
bambino con boltraffiesche mani a forchetta imitano forme vin-
ciane, e di Lombardia giunge il vecchio re con lanose chiome e
vesti a pieghe ondate, spumeggianti. Forse quest’opera precede
le altre con motivi raffaelleschi, tanto vi appare l’impaccio, l’i-
nabilità del compositore, incapace di metter all’unisono le figure
nei loro atteggiamenti di slancio caricato o di atona quiete, d’e-
quilibrarne le proporzioni, di costruire l’informe paese.
Si rivede la Madonna con lineamenti tondi e grevi, come
imbottiti, nella Pietà della Galleria Strossmayer a Zagabria
(fig. 418), ove il tipo leonardesco di Cesare da Sesto riappare
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