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Probabilmente egli si era applicato, più che alla pittura,
all’architettura e alla prospettiva. La prima volta che lo si in-
contra a Bologna attende all’architettura della piazza desti-
nata a ospitare il Gigante della felsinea città, e perfino alla rico-
struzione dell’acquedotto, che alla magnifica fonte, da lui dise-
gnata, condurrà le acque. I suoi soffitti di Palazzo Vizzani, ora
Sanguinetti, a Bologna, vengono riprodotti da Vincenzo Danti,
ad esempio, nelle Due regole della prospettiva pratica di... Vignola
(1583). Nella volta della Sala di Costantino diede il pittore un altro
saggio della sua arte prospettica, rappresentando una grand’aula,
dove il Crocifisso s’inalbera al posto di un idolo caduto a terra
in frantumi (fig. 453). La rappresentazione illusionistica interrompe
il chiasso delle figure allegoriche: la Vittoria della Croce sull’idola-
tria, sul giudaismo, sul paganesimo, è espressa nel silenzio. Nella
sala dove Costantino vince Massenzio ed è battezzato da Silvestro
Papa, in tutta quella confusione d’uomini e di cose, su tutti
quei tumultuosi affastellati ricordi, il rettangolo della volta è
l’epilogo chiarificatore, il punto fermo. Qui Tommaso Laureti,
ricorrendo alla semplicità della prospettiva, fece meglio che at-
tenendosi alla complessità delle sue pitture figurate: il puro
simbolo valse più delle masse multicolori. Ma in tutto questo
non vediamo cosa alcuna che ci mostri la sua dipendenza da
Sebastiano del Piombo. La vediamo invece nei quadri che di-
pinse per San Giacomo a Bologna e nelle pitture che eseguì
per il citato palazzo Sanguinetti, come nel Crocifisso della chiesa
di San Bernardo: in Roma, nella Morte di Santa Susanna, sull’al-
tar maggiore della chiesa di questo nome a Roma stessa. Ri-
mangono invece estranee all’influsso sebastianesco le pitture
nella sala dei Capitani del palazzo Capitolino, rappresentanti
episodi della Storia romana dei Re:
Nel quadro della chiesa di San Giacomo a Bologna, con la
Vergine e i Santi Cecilia, Agata, Guglielmo d’ Aquitania, il Lau-
reti, per la Madonna col Bambino in gloria, s’ispira a quella Si-
stina di Raffaello, ma adattandola entro schemi proprî di Seba-
stiano (fig. 454). Anche la Santa Cecilia deriva dall’Urbinate,
EC