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mentre Sant’Agata a riscontro è costruita entro piani michelan-
gioleschi larghi, saldi e pieni. Più si sente come la mira del pit-
tore a Michelangelo s’inoltri tra ricordi raffaelleschi nel Trasporto
funebre di Sant’ Agostino (fig. 455). Sotto angioli a volo tratti
da Raffaello, passa la bara del Santo invocato da una folla d’in-
felici, tra cui una donna che ricorda un’altra nella sebastianesca
Resurrezione di Lazzaro. In questo quadro il raffaellista sganghe-
rato ci appare ardito costruttore di scena a piani complessi, in
profondità di spazio.
Quanti s’avvicinarono a Michelangelo, tra gli altri Girolamo
Siciolante da Sermoneta, sentirono come Sebastiano riducesse
le forme giganti del Buonarroti in altre più sensibili, per mezzo
del colore veneto, che anche quando parve inaridirtsi, manteneva
le antiche reminiscenze di Giorgione e di Tiziano. Per accostarsi
a Michelangelo si guardò a Sebastiano, che ne fu il pittore porta-
bandiera. Così avvenne probabilmente a Tommaso Laureti, ma
oggi poco intendiamo l’accostamento di lui al pittor veneziano,
che tuttavia, come vedemmo, fu un eclettico: dalle forme raf-
faellesche passò a quelle di Sebastiano, e ornando di pitture pa-
lazzo Sanguinetti a Bologna, mostrò di non aver inutilmente
veduto le animate composizioni decorative e il fuso effetto cro-
matico degli affreschi di Pellegrino Tibaldi. Il Vasari, che fa di
lui un puro -sebastianesco non ne vide certo il complesso del-
l’opera !.
Composizioni smarrite e perdute del Laureti sono Venere e
Amore citata dal Vasari in casa di Messer Francesco Bolognetti,
«un ritratto del signor Bernardino Savelli, un quadro d’altare
con i Santi Pietro e Francesco, in San Mattia, che è molto lodato ».
Inoltre in San Francesco di Ferrara, è un San Girolamo, e in San
1 Il Vasarr, che sbagliò il nome di Laurati in Laureti, scrivendo, nella seconda edizione
alle sue Vite, la piccola aggiunta sull’artista, mostra di poco conoscerlo, e citate due opere,
delle quali aveva sentito discorrere, chiude la piccola nota, dicendo « d’alcune altre, delle
quali non accade far menzione ». Questa chiusa sbrigativa basta a dimostrare che il Vasari
era a corto di notizie; e, nel farlo derivare da Sebastiano, non pensò a quanto scrisse egli
stesso sull’indolenza di questo pittore negli ultimi suoi anni, e come il Laureti, nato circa
il 1530, avesse diciassett’anni alla morte di questo maestro.
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