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verso il 1845, fu trovato in Roma il quadro, lo si battezzò, come
la maggior parte delle opere sebastianesche di questo periodo, del to.
col nome di Raffaello. Eppure invano si cercherebbe nella fisio- per pa
nomia del prelato, accorta e leggermente beffarda, nel contorno
energico del mento, lo spirito sognatore del Sanzio. La perfetta
semplicità costruttiva, che profondamente s’intona, nelle imma-
gini dell’Urbinate, alla calma ideale dello spirito, qui si sente
voluta; e la posa, stampata sui modelli raffaelleschi, ne trae
accenti di dignità studiata e superba: un che, sia pur impercet-
tibile, di grandiosità meccanica, proprio alle imitazioni anche
le più intelligenti e sicure. Ed ecco il contorno della rossa mantella
cardinalizia, fiorentinamente elastico e vibrante, introdurre una
nota di movimento, d’enfasi, nella limpida costruzione raffael-
lesca. È questo un primo spunto da Michelangelo nell’opera
dell’eclettico Maestro, che stretto ancora profondamente alla
civiltà artistica veneziana, apre al nostro sguardo un vaporoso
angolo di paese giorgionesco, e con smagliante brio pittorico
dipinge la minuscola scimmietta, così repentinamente, e potrebbe
dirsi argutamente, sorpresa da un getto di luce nell’ombra.
Prossimo di tempo a questo ritratto è l’altro della Galleria
di Leningrado, superiore per nobiltà spirituale, e più di quello
affine al raffaellesco Cardinale Alidosi. Seduto in un loggiato,
il Cardinale Antonio Pallavicino (fig. 13), con un libro aperto
sulle ginocchia, vela sotto le palpebre lo sguardo grave, denso
di pensiero. Lo sfondo è appena suggerito da una colonna, inter-
rotta sopra l’alto piedistallo, e da una tenda grigioverde, che
cade a pieghe diritte, in accordo con la monumentale stasi del-
l’immagine e con l’appiombo dello sguardo assorto, enigmatico.
Il modellato facile e preciso, la dolcezza delle ombre sfumate
sul volto, la calma della posa, ci mostrano le prodigiose qualità
riflesse dell’arte di Sebastiano, che dei ritratti raffaelleschi ha Vesti, ne
saputo cogliere lo spirito di suprema nobiltà compositiva. Le colline <
mani, in particolare, soffici, grasse, teneramente illuminate, ri- accese,
chiamano con sorprendente chiarezza il ritratto del Cardinal un velo
Inghirami. È lo stesso colore, senza rinunciare alla vaporosità i swegio
nel Museo «
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