corpi, i volti di tonda volgarità, che in quell’affresco, con gran
pompa di cappelli piumati, circondavano il trono imperiale. Più
che nella storia del Castigo, dove i moti sgarbati e plebei risultano
a un'unità raffaellesca tra figure e sfondo, e dove alcuni parti-
colari, ad esempio il giovane seduto a pie’ della colonna, model-
lato con sapiente prestezza e bravura, dimostrano la valentia
di una mano troppo spesso infiacchita dall’abitudine al mestiere,
nella Guarigione dello storpio lo Zuccari s'’imbeve di michelangio-
lismo, e, perduto ogni orientamento, forma confuse masse di
figure, con volgarità insopportabile. A differenza del Vasari,
suo compagno nella decorazione della Sala Regia, Taddeo evita le
stridule policromie, preferendo tinte basse e leggiere; e qualche
volta trova un accento pittorico, ad esempio nelle forme delle
due donne in colloquio in distanza, tra gli spettatori alla Gua-
rigione dello storpio, sfaldate alla maniera di Andrea del Sarto,
sia pur grossamente, e in qualche panneggio dipinto con rapida
pennellata venezianamente densa, come il drappo attorcigliato
con disinvolta bravura ai fianchi e alle gambe del giovane seduto
presso la colonna nel Castigo di Elima.
Questo misterioso infiltrarsi, nella maniera del secco marchi-
giano coloritore, di un gusto venezianeggiante per il color denso
e morbido, più si rivela nella pala d’altare con la Conversione di
San Paolo, composta di trame e di motivi raffaelleschi, e soprat-
tutto nella replica, o forse nel bozzetto, della Galleria Doria, ove
s’aggiunge uno studio drammatico d’effetti di luce sulle figure
e nel cielo, a strati di nuvole calde e grevi, certo d’imitazione
veneta (fig. 516).
Meglio che nei pretensiosi affreschi di San Marcello, ove
egli mira alla « grande maniera », si esprime il Marchigiano, che
ebbe col fratello Federico popolare fama in Roma, nella Batta-
glia di Tunisi, dipinta a fresco sopra la parete della Sala Regia
ov’è la Porta della Cappella Paolina (fig. 517). Il Pittore vuol
rendere l’effetto drammatico della lotta, intrecciare uomini e
cavalli nel mulinello di una zuffa furibonda; ma ecco che gli
stendardi arrotolati, i mazzi di lance, i nastri svolazzanti delle
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