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corazze, i ciuffi di piume ritorti sugli elmi (fig. 518), le criniere
arrovellate dei cavalli e ogni particolare della lotta, ove è qualche
reminiscenza della Battaglia d’Anghiari, trasformano il quadro
storico in un cartellone decorativo, tutto cartocci e svolazzi di
gusto barocco, che trova adatto culmine nel cimiero composto,
da figure di Virtù, cartelle e trofei, al timpano della porta che
conduce alla Cappella Paolina. Come già nelle pitture della sala
dei Fasti a Caprarola, par che qui il talento decorativo di Fran-
cesco S$alviati guidi il marchigiano verso un'unità di effetto di-
strutta poi dal fratello Federico con lo schema rettilineo della
Storia di Enrico IV e di Gregorio VII. Le figure sono volgari;
l’effetto superficiale, ma senza dubbio più spontaneo di quello
che risulta dalle pedantesche e vuote composizioni vasariane
della stessa sala. La vernice dell’erudizione, che aderisce così
interamente alla figura di Federico Zuccari e ne fa un rappre-
sentante più del fratello tipico della moda pittorica propria al
tardo Cinquecento, si screpola, si spezza, in Taddeo, appena
libero dai suggerimenti dei dotti distributori di temi per i palazzi
romani; e allora prende il sopravvento, come in quest’opera,
lo spirito popolaresco, vivace e spesso volgare, che lo distingue
da Federico. Rappresentante di un periodo di decadenza, di cui
rispecchia tutti i difetti, tutte le debolezze e le pretese, egli ha,
come i più dei manieristi, qualche momento felice, che mostra
sotto le ceneri dell’arte una scintilla viva: così alcuni quadri
mitologici di Valle Giulia, così l’Aurora nelle sale della Villa
Farnese a Caprarola.
La prima opera che ci presenti definita e distinta da quella
del fratello la personalità di Federico Zuccari, è l’Epifania della
cappella Grimani in $. Francesco delle Vigne a Venezia !, fir-
mata e datata 1564, dal marchigiano ventiduenne. Dipinta ad
olio su marmo, è ora talmente logora che solo una stampa de-
1 V., GIULIO CANTALAMESSA, in Rassegna d'Arte, 1902, p. 49.
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