i 372 ie
moro, il manierista romano si studii d’imitare la pennellata
brillante e fluida dei Veneti; e in quello sforzo la figura perda ogni
saldezza, disfacendosi: le pieghe vadan liquefacendosi, l’atteg-
giamento divenga molle, flaccido, sotto l’azione del soffice e fluido
colore. Nello scenario veneto, in cui peisino riappaiono, in angolo a
destra, i lastroni marmorei cari a Jacopo Bassano, i personaggi
si dispongono lungo le due linee a V frequenti nell’arte verone-
siana; ma nel disporle Federico Zuccari mostra di non aver la
minima idea del valore cromatico delle costruzioni sfaccettate
di Paolo, e delle conseguenti rifrazioni di colore: egli rimane il
manierista romano che mira a un’eleganza di pose compassata
e frigida. La sensibilità del giovane, non ancora qui soffocata
dalle aride formule, si riflette nella grazia decorativa che viene
al quadro da una distribuzione di figure sparsa e leggiera, cul-
minante nel nodo serico della Vergine e degli angeli. Il bimbo,
minuscolo gingillo, dà l’ultimo tocco a questo singolare esempio
manieristico di eleganza languente e preziosa. Anche il colore,
nelle sue note basse e fioche, ci presenta in questo esordio di
Federico Zuccari un’opera studiata, fredda, ma gentile, aliena
da pretensioni spirituali e formali, e come timida in quel tenta-
tivo incerto e commovente di conciliare il mondo d’arte da cui
è uscita e il nuovo raggiante in Venezia.
Appunto questo diretto sebben pallido riflesso veneto nell’opera
dell’eclettico collaboratore e continuatore di Taddeo. Zuccari
ci guida a distinguere la parte di Federico nel vasto lavoro della
decorazione di Palazzo Farnese a Caprarola. Vi è, nella cap-
pella del Palazzo, un San Giovanni Battista (fig. 520), che rivela,
anche per il fondo di paese con quinte d’alberi dal fogliame rado
e tenero, reso a falde di colore larghe e leggiere, un evidente ri-
cordo di pitture veronesiane, da cui lo Zuccari ha tratto alla
svelta, con facilità superficiale e spensierata, il generale effetto
decorativo, e qualche esterna apparenza di scioltezza pittorica.
Con uguale trasandata facilità son dipinte le altre figure di Santi,
la cui posa tronfia e il panneggio disposto alla romana, con vol-
garità meccanica pari alla pretensione, dimostrano come Federico