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tutto è tetro, l’immagine della Santa e il cielo: e ogni palpito
della figura travolta dalle voci della tempesta, ogni batter d’ala
del manto, par si ripercuota nella fosca atmosfera. Tale è lo slancio
dei drappi sollevati dall’aria che noi abbiam come l’impressione
di veder la figura staccarsi, immensa mongolfiera, dalla terra
nel cielo tempestoso.
La mongolfiera ha spiccato il volo, e si libra gioiosa nel cielo
aperto da un pallido alone sulfureo, nell’Assunta di Dresda (fi-
gura 532). Il manto si dilata immenso e turchino sul fondo di luce,
ripetendo gli antichi contrapposti delle Apparizioni celesti del
Baroccio, e trasporta col suo slancio di nuvola l’immagine della
Madonna, il gran volume delle vesti sulle forme infantili. Intorno
s’aggira la consueta ghirlanda d’angioletti: spiccano il volo dalla
Crocefissione di Genova, dal Cenacolo di Urbino, verso l’Assunta
che spalanca gioiosa le braccia e invade il cielo. A contrapposto,
sulla terra, gli Apostoli fan cerchio attorno alla tomba: chi guarda
in alto, chi guarda entro il sepolcro: l’Apostolo che fronteggia
la Vergine, percosso in pieno dalla luce, indietreggia a contrac-
colpo dell’indietreggiar di Maria; un altro, che guarda alla tomba,
s’appiatta, come schiacciato da quel peso di luce. In tutto questo
si sente l’eccesso, l’artificio, il meccanismo automatico dei moti:
tanto del gesto della Vergine con le braccia sbarrate, tanto di
quelli degli Apostoli sul primo piano. Ogni spontaneità è venuta
meno all’arte del Baroccio: le vesti son proprio i panneggi ac-
conciati su manichini di cera o di creta dal pittore, dopo che il
disegnatore ha studiato con delicatezza ideale dal vero i moti
delle figure!. È tuttavia quest’opera, col suo scoppio gioioso di
1 11 metodo scrupoloso, e quasi pedante, del Baroccio, è così descritto con minuzia dal
Bellori: « Prima concepiva l’azione da 1appresentarsi et avanti di formarne lo schizzo,
poneva al modello i suoi giovini e li faceva gestire conforme la sua immaginazione e chie-
deva loro se in quel gesto sentivano sforzo alcuno, e se col volgersi più o meno trovavano
requie migliore, da ciò sperimentava li moti più naturali senza affettazione e ne formava
gli schizzi. Nel medesimo modo se voleva introdurre un gruppo di figure, adattava li giovini
insieme all’azione, e da gli schizzi formava poi da sè il disegno compito. Fatto il disegno
formava li modelli delle figure di creta o di cera tanto belli, che parevano di mano di ottimo
scultore, non contentandosi alle volte di uno solo, ma replicando due o tre modelli di cera
della stessa figura. Dopo li vestiva a suo modo, e conoscendo che facevano bene, poneva
in quel modo li panni sopra il naturale, per torre ogni ombra d’affettazione ». iù
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