Full text: La pittura del Cinquecento (9, Parte 7)

Vi si nota un tintorettismo disciplinato alla Giulio Romano, 
irriconoscibile a forza di ripieghi accademici. Le ombre sporcano 
il nudo di Cristo, muscoloso e fiacco, nel disegnarne i muscoli. 
Appena in una figura di spettatore col volto schiarato di sottinsù 
è qualche verace traccia di modi tintoretteschi. 
‘Tra le scarse opere pittoriche di Giulio del Moro, più noto 
come scultore, è la composizione della Presa di Caffa, dipinta 
per la Sala dello $crutinio in Palazzo Ducale a Venezia (fig. 31), 
amalgama di elementi veronesiani e tintoretteschi. Il tema guer- 
resco e l’esempio di tante opere simili eseguite in palazzo ducale 
da seguaci del Tintoretto, liberano il pittore dall’uggia del trucco 
classicistico e lo slanciano in pieno carnevale veneziano tra com- 
parse di capitani in atteggiamenti di gran prosopopea, gonfi 
d’aria e di vanità, di tamburini da corteo di villaggio, tra il gar- 
rire degli stendardi arrotolati dal vento. TL’effetto vivace otte- 
nuto con lo scorcio ardito della scena, anche se di gusto ampol- 
loso, è preferibile alla monotonia pedantesca della composizione 
di Giulio del Moro nella Sala del Maggior Consiglio, e a buona 
parte della sua produzione di scultore accademico. 
Sembra che l’esempio del ‘Tintoretto e dei manieristi tinto- 
retteschi dia slancio alla torpida fantasia, spingendola, in questa 
opera di palazzo ducale, come spesso avviene, quasi a un'’eb- 
brezza di effetti spettacolosi, e manifestandosi, nell’Ultima Cena 
di Santa Maria Zobenigo (fig. 32), in intensi risalti luministici 
di masse e in serietà costruttiva. Ogni figura, ogni gruppo di 
figure, è qui veduto in rapporto col monumentale loggiato, dove 
la predilezione di Giulio del Moro scultore per l’ordine classico 
si riflette in ogni particolare. La distribuzione stessa delle figure, 
dei gruppi, degli oggetti di natura morta in primo piano, è il 
risultato di tutto un calcolo d’equilibrio, dove si sente, come in 
qualche atteggiamento retorico, l’artista attratto dal manieri- 
smo romano. Anche il Parmigianino sembra imprimere nella 
svelta semplicità delle due anforette in primo piano il proprio 
suggello di eleganza formale, mentre il musetto di micio che sbuca 
nel sole dal suo nascondiglio di pentole e cesti è un brano di vita 
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