Full text: La pittura del Cinquecento (9, Parte 7)

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alla Parabola dell’Accademia è la composizione del Martirio 
di Sant'Andrea nel soffitto della sagrestia della chiesa dedicata 
al santo Apostolo in Bergamo. È questa tra le opere eccezionali 
del Padovanino, soprattutto per il taglio ardito della scena. 
Simile a quello della Parabola è il motivo degli angioletti tra 
razzi giallini di luce e ombre lillacee di nuvole, e anche il tipo 
della robusta popolana con un putto atletico; ma in questo 
particolare, e nell’insieme della scena, nelle corazze azzurro 
cupo dardeggiate di luce a colpi sprezzanti, nei velluti delle vesti, 
nelle chiome di messidoro del putto massiccio, è una gagliardia 
di colore lontana da quel quadro. Con il taglio spavaldo della 
composizione, che presenta, in rapido scorcio di origine vero- 
nesiana, terrazzo, croce, figure, il Padovanino infonde un effetto 
decorativo imprevisto e smagliante a quest’opera animata da 
salde -e potenti immagini, fra cui s'impone, per la sua forza 
quasi aggressiva, quella del soldato che solleva la croce, col 
profilo tagliente, spruzzato di sanguigno. 
Vi è anche un quadro dove il Varotari si presenta tra gli 
iniziatori del barocco veneziano, ed è quello di Betsabea al bagno 
con un’ancella, a mezze figure, contro una siepe oscura, nella Pi- 
nacoteca Civica di Padova (fig. 183). Gli alberi, a sprazzi di rug- 
gine e d’oro fulvo, l’angolo di casa nel fondo come liquefatto dal 
sole, traggon qualcosa di fantasmagorico dalla rapidità dell’im- 
provvisazione pittorica. Betsabea, seduta, si volge a guardarsi 
nello specchio, reggendo con una mano le chiome ancor disfatte, 
come per studiarne l’acconciatura, con l’altra tenendo contro il 
seno un asciugamano prezioso; e un’ancella, con la veste del 
bianco opaco a sottili strie dorate, prediletta dal Padovanino, tien 
fra le braccia un’anfora mentre gira verso lo spettatore il chiaro 
volto. Robusta di modellato e dorata di colore, Betsabea appare 
come un Jordaens italiano del primo Seicento, in quella solida 
abbondanza delle carni che s’indorano al sole fra il bianco opaco 
dei lini e il violaceo stinto di una veste di velluto. Le chiome 
pesanti, massa di rame che sta per sfasciarsi sul capo dell’opu- 
lenta figura, ripetono il tono ramigno della mirabile anfora ani- 
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