Full text: La pittura del Cinquecento (9, Parte 7)

DIFFUSIONE DELLE FORME DEI PRIMI SEGUACI DI LEONARDO 
E DI ALTRI MAESTRI DELLA PRIMA METÀ DEL CINQUECENTO 
VE IN LOMBARDIA E IN PIEMONTE. 
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L’ACCADEMISMO IN LOMBARDIA 
! Gian Paolo Lomazzo, scolaro di Guadenzio Ferrari, ammiratore e imitatore di 
; Leonardo, diffonde in Milano il gusto dei risalti statuari, delle forme macchi- 
nose, dell’enfasi retorica. - La ricerca di una grandiosità spinta all’eccesso 
[et e la sovrapposizione accademica del formalismo romano alla fluida grafia 
dei seguaci di Gaudenzio, si ritrovano nello scolaro di G. P. Lomazzo, Am- 
brogio Figino, che tuttavia ha una nota di personalità nel modellato incisivo 
i dei lineamenti e nella brunitura delle superfici colorate. - La maniera enfa- 
tica del Lomazzo trova riflessi anche in Giuseppe Meda, architetto pittore, 
i compagno del Figino e di Camillo Procaccini nella decorazione di ante per 
gli organi del Duomo milanese; ma egli si distingue dal suo conterraneo per 
gli elementi architettonici delle composizioni, e per qualche motivo correg- 
- gesco che gli viene dal Procaccini. 
GIAN PAOLO LOMAZZO. 
Accanto ad Aurelio Luini lavorò nella chiesa di San Maurizio 
Gian Paolo Lomazzo !, scolaro prima di Gaudenzio Ferrari, poi 
di G. B. della Cerva. Modi gaudenzieschi si ritrovano nella Cro- 
cefissione della raccolta dell’Ingegner Varchi a Piacenza (fig. 276), 
non solo nel delicato gruppo delle Marie tutto calligrafiche cir- 
convoluzioni, ma anche nell’animazione pittoresca della scena 
affollata di cavalieri, di lanzi, di edifici, sotto un cielo a strie 
multicolori, in un popolaresco rumoreggiar d’effetti. Come i 
suoi maestri piemontesi, egli ha guardato alla pittura tedesca, 
1 Visse dal 1538 al 1600 circa. Studiò presso suo zio Gaudenzio Ferrari, poi presso G. 
B. della Cerva. A Roma vide Raffaello e Michelangelo. Copiò a fresco la Cena per il chiostro 
di $. Maria delle Grazie. A Piacenza dipinse, nel 1567, la Cena quadrigesimale nel refettorio 
del convento di Sant’Agostino; poi attese a vaste decorazioni a fresco e pale d’altare per 
le chiese milanesi. Deve il suo nome piuttosto all’opera di trattatista dell’arte che all’opera 
di pittore. Afferma il MoORIGIA che diventò cieco nel fior dell’età. 
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