Altra copia, alquanto più libera, da ‘Tiziano, è il quadro di
Venere, Cupido e una ninfa, attribuito a scuola veneta del secolo
xvII nel Castello Sforzesco a Milano. Modello al Padovanino è
qui la composizione di Venere che benda Amore, nella Galleria
Borghese, e anche qui l’insipida tonalità rosata delle carni di-
strugge il fuoco del prototipo. Così nella vacua mascheretta ti-
zianesca della Vanità nella Galleria Rospigliosi (fig. 172) la cera
rosata sostituisce la carne viva di Tiziano, satura d’oro solare.
Molto dovette copiar, dalle opere del Vecellio, il giovane Va-
rotari che, abbandonata la comune trama manieristica. degli
eclettici veneti, si attiene ai modelli di Tiziano, ripetendoli in
pigre imitazioni, ove tutta la vita degli originali si perde tra i
rosei belletti, le epidermidi sottili, le vacue rotondità.
Stampata su modelli tizianeschi è anche la Madonna in gloria
dell’Accademia di Venezia (fig. 173), sebbene l’accennata linea
trasversa della composizione e il molle arcuarsi della figura di
Maria annuncino un secentismo atrtificioso, che si estende a
gran parte delle opere di Alessandro Varotari, dissimulandosi
dietro i simulacri inbellettati delle figure alla tizianesca. Qualche
volta il colore s’accende, ad esempio nella Madonna di Loreto,
appesa a una parete della sagrestia di Santa Maria della Salute
in Venezia. In un’atmosfera di rame, diffusa dall’alone scop-
piettante, s’innalza il florido gruppo tizianesco di madre e par-
golo, questi in posa trionfale. Vi è qualcosa di pagano nella con-
cezione del gruppo sacro, e più negli angioletti carnosi, piccoli
Sileni rubicondi che forman piedistallo alla Vergine o giocano
intorno alla Sacra Casa. Cartacee son le pieghe delle stoffe; ed
escono dalla gamma di Tiziano il rosso pesante e l’azzurro delle
vesti di Maria.
La Flora del Vecellio ci riappare nella Giuditta della Galleria
di Dresda (fig. 174), opulenta e morbida sul cielo di un azzurro
vespertino; ma la vita più non erompe dalle membra gagliarde,
dagli occhi giocondi, dalle chiome di fulvo sole. Lo studio della
posa, la voluta immobilità della presentazione, il gigantismo
delle forme, distruggono la raggiante bellezza del modello. Le
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