358 I. — SCULTURA VENETA VERSO LA FINE DEL ’500
il nudo cranio, la fronte sporgente, e come premuta, dilatata da in-
terna passione. Il morbido modellatore dei putti nella cappella fre-
scata dallo Zuccheri al Gesù si riconosce nelle carni vellutate e nelle
chiome avvampanti dei due genî funebri seduti sul timpano della
tomba di Luisa Deti, dove è un’opera tra le più tipiche dello scub-
tore vicentino: la statuetta della Religione (fig. 287), a riscontro
della Carità di Nicola Cordier. 11 gruppo, a lenta spita, ha le: ste
origini nella Venezia di Alessandro Vittoria, cui risale anche il modo
di fasciar la forma nella scorza del manto a pieghe salienti per gradi.
Ma la spiritualità di Camillo Mariani irradia dal volto dolcissimo
della donna, dagli occhi smarriti dietro un velo di luce, come dal
modellato sensitivo del fanciullo che a lei si stringe preso nella morsa
del dolore. La Carità del Cordier, a riscontro, vezzosa, con putti
arricciolati e sorridenti, ci fa maggiormente sentire, per l’artificio
della sua grazia agghindata, la palpitante sensibilità della Religione
col volto irradiato da luce, e il grido d’angoscia del putto che tutto
trasale, dal mirabile torsetto teso alla fronte sconvolta. L'ombra
della bocca schiusa e del ciuffo che fiammeggia sulla testa infantile
mette in risalto l’intensità pittorica degli occhi chiari, bucati da un
doppio foro nelle iridi, la cui luce sembra rifrangersi in un velo di
lacrime. È un modellato pulsante, eloquente, che par tenda, con
tutte le risorse di un’acuta sensibilità pittorica, a liberare dalla ma-
teria fatta trasparente lo spirito.
I putti parmigianineschi della scuola del Vittoria disegnan con i
teneri corpi festoni tra i festoni di frutta e le volute della cartella con
la scritta dedicatoria della chiesa di San Bernardo a Roma (fig. 2858),
sopra la porta d’ingresso, all’interno, dove il Mariani con la sua
stecca leggiera fa spumeggiar la luce tra le penne del cherubo in
alto, trae zampilli da quella del suo compagno nel basso, lascia ri-
cadere la capigliatura a fili, come di cuffia sfrangiata, strappata,
sulla gran fronte convessa. Nei pennacchi della lunetta s’adagian due
angioli sospirosi (fig. 289), con occhi ombrati d’angoscia e membra
squisitamente modellate sotto la veste di seta. La cetra pittorica del
Mariani sgrana le sue note più delicate in quel crescendo di mobilità
luminosa, che si svolge dal velluto delle stoffe al piumaggio delle ali,
in alto, come fogliame d’alloro increspato da luce, ai volti consunti
quasi da ardor di fiamme, alla vampa delle capigliature fantastiche.