I3. — NICOLA ROCCATAGLIATA 397
dell’affanno. Stupendo è il modellato del manto, che in pochi tratti
suggerisce il volume della forma, e solo lascia apparire il profilo as-
sorto, spento, il muto tremore della bocca e delle palpebre chine.
È un'arte potente, che saetta pochi tratti sommari a modellar il
volto della vecchia in angolo a destra, dislocato dal grido, a riscontro
della Madonna in angolo a sinistra, il cui volto affilato è tutto un
sospiro di dolore. Più su, dove troneggia l'Eterno (fig. 320), sciami
d’angioletti coprono il cielo, scendono a capofitto dall’alto con gli stru-
menti della Passione, s’annidano nei rami fronzuti degli alberi; e qui
Nicolò s’abbandona alla festa del suo capriccio decorativo: rovescia
putti e putti dal suo cornucopio ricolmo, tra riccioli di nubi festose.
Passa la salma di Cristo in un frullo d’ali che sale al cielo e l’invade,
disperdendo nel battito festoso della luce le strida dell’umano dolore.
Al termine della sua vita, come nel suo esordio a Venezia, Nicola
Roccatagliata, che trasse vitali elementi dal tardo manierismo ve-
neto, e che certo ideò l’intera composizione, si abbandona al suo
libero estro, al suo istinto di decoratore nato. Anche traverso l’opera
dei fonditori, ineguale e talora imperfetta, la freschezza della sua
arte improvvisatrice brilla nello sfavillante paliotto di San Moisè.