Full text: La scultura del Cinquecento (10, Parte 3)

2. — TIZIANO MINIO 57 
gliati, sS'impastan di luce come le carni del Santo, erculeo nella testa 
e nelle braccia, più nato a giocar di clava che a tener il messale, il 
grande messale che par duplice tavola. IL’angiolo è pieno d’impeto 
nel volo; i suoi capelli serpeggian nell’aria. 
Ultima opera del maestro padovano fu la Giustizia (fig. 48-49) 
sopra una facciata del palazzo municipale a Padova. Siede, l’augusta 
figura, sopra un peduccio riquadrato entro una nicchia riquadrata, 
in trono, fra i leoni di Venezia, in posa frontale, di concisione quasi 
romanica. Donatello, con la sua regale Madonna di Padova, fu pre- 
sente al Minio nello scolpire quest'immagine grandiosa. ‘Tiene in 
una mano lo spadone, nell’altra aveva le cadute bilance; un dia- 
dema regale cinge il suo capo; sopra la veste, aderente alle forme 
come guaina di cuoio, il manto avvolge le braccia, fascia le ginoc- 
chia, le avvinghia con le pieghe taglienti e piatte proprie di ‘Tiziano 
Minio. È forte, severa, inflessibile. Forma blocco con i leoni vigili, 
poderosi. Il maestro, che a Padova, nella pala di $. Rocco, ebbe il 
suo inizio di stuccatore, facile, goffo, ignaro di ogni legge costrut- 
tiva, portato naturalmente verso morbidezze cromatiche, ci dà, ifì 
quest’ultima opera, la piena misura del suo talento architettonico. 
La forma, che nei bronzi dell’abside di San Marco straripava fuor 
dai limiti del disegno sansovinesco, sfacendosi al fiotto della luce, 
ora è salda, solenne, sintetica. Nessuno scultore veneto del Cin- 
quecento diede all’allegoria della Giustizia maestà pari a questa 
che torreggia tra i leoni di San Marco: esempio solenne d’archi- 
tettonico ritmo.
	        
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