134 T. = ARCHITBITURA DEL CINQUECENTO
tiro, s’accostò all’Omodeo, che gli fu sempre vicino. Lo scultore
lombardo aveva per sé i consensi di Lombardia; e Bramante lo
rasentò sempre più, vestendosi un po’ delle sue eleganze, ma ar-
rivato a Roma si tolse di dosso ogni fronzolo, e chiarì sempre più
le sue forme fuor dal guscio della decorazione esteriore. Il Battagio
lodigiano, Lazzaro Palazzi, che ne continuò i lavori nell’Incoronata
di quella città, Gian Giacomo Dolcebuono, che i lavori stessi diresse,
G. A. Montanaro che col Battagio elevò il santuario di Santa Maria
della Croce presso Crema, Agostino Fonduti, che lavorò la Pietà
a San Satiro, e, insieme col Battagio, eresse e adornò palazzo Landi
a Piacenza, e diede poi la sua opera al santuario di Santa Maria della
Misericordia in Castelleone, diffusero lo stile bramantesco fiorito
d’eleganze omodeesche. Né va dimenticato il Dolcebuono, lapicida
della fabbrica del Duomo di Milano, addetto ai lavori in Santa Maria
di San Celso, ideatore della chiesa milanese di San Maurizio; né il
Lonati, architetto di Santa Maria di Piazza a Busto Arsizio. Pet
tutta Lombardia s’innalzarono su schemi bramanteschi chiese con
cupole fasciate da loggiati, come a Saronno, o con cupola ottagonale
poggiata sopra ottagono più ampio, come in San Magno a Legnano.
Da Pavia a Cremona fu un aggirarsi di archeggiature, di loggiati
a serie, un coronarsi di cupole innalzate a festa sotto l’auspicio di
Bramante 1
In Roma, il grande architetto è più a contatto con l’arte to-
scana: ne sente la finezza, la musicalità di ritmi; ad essa riannoda
le nitenti forme del Laurana, ricordo di anni giovanili. Come Raf-
faello, assimila, e assimilando, tempera a perfezione le forme; e
negli anni del trionfo dell’umanesimo, della resurrezione del Lao-
coonte, quando l’antico appar luminoso, di una grandezza eroica,
come Raffaello si volge alle forme classiche, per suscitarle a vita
nuova, e vi riesce, alleggerendole, arieggiandole, innestandovi il
pittoresco tesoreggiato in Lombardia °
1 F., MALAGUZZI VALERI, La Corte di Ludovico il Moro, Bramante e Leonardo
da Vinci, Milano, Hoepli, 1915.
2 Fra le molte opere attribuite al Bramante, è la scala a cordonata, divisa
in due rampe del palazzo comunale di Bologna. Nessun documento sicuro lo fa
architetto di questo scalone, nè delle sale del palazzo, fino al secondo piano più an-
tiche. Della scala, detta bramantesca, scrisse F. MaLaguzzI nel Resto del Carlino
(27 gennaio 1924) e nell’opuscolo « Bramante», p. 13, tav. XXXI, Bibl. d'Arte IHlu-
strata, Roma, 1924. Lo stesso autore ne «L’architettura a Bologna del Rinasci-
mento», Roma.