LUO TI. — ARCHITETTURA DEL CINQUECENTO
dinata ottagonale, prolunga indefinitamente attorno i contorni ot-
tagoni, conchiusi, del tempio; e l’orizzonte luminoso svelato dalle
arcate della loggia e dalla porticina aperta dà l’illusione di una grande
vastità di sfondi, perduta nel sole; il corteo continua col suo arco
il giro circolare della piazza, in cui si spengono gli spigoli leggieri
dell’architettura. Raffaello, chinando le teste, piegando dolcemente
i corpi, facendoli indietreggiare a semicerchio dalla linea estrema del
primo piano, equilibrandone i moti, assorbendo le cadenze dei busti
e delle teste nelle onde concentriche di tutta la composizione, con-
seguì risonanze di ritmi.
Nel 1504, quando dipinse lo Sposalizio, l’Urbinate, che fu defi-
nito costruttore di spazio, ebbe notizia del tempietto di San Pietro
in Montorio per Bramante, e, mentre l’Ingegno nello Sposalizio di
Caen riduceva il tempio del Perugino quale si vede in fondo al grande
affresco della Sistina, Raffaello, nel richiamare l’opera del maestro,
all’attico con le balaustre sostituiva tanti piccoli contrafforti, ar-
ricciati nel punto di partenza e in quello terminale, dando leggiadria
alla base del tamburo da cui s’innalza la cupola emisferica. L’archi-
tettura dell’Urbinate è chiara, nitida, alabastrina; l’aria vi circola
lieve, come lieve è il segno dei contorni, delle modanature, degli
elementi del tempio; e la luce sorride dolcemente nei piani soleggiati,
nelle penombre, sul cielo mattinale; illumina gli architettonici eristalli.
Quando Raffaello, poco più che ventenne, dipingeva lo Sposa-
lizio a Perugia, nel teatro della gloria. di Pier della Pieve, egli era
ritenuto «el migliore » maestro, e gli venivan richieste d’opere da
Assisi, da Città di Castello e da Gubbio, mentre si proponeva di
recarsi a Roma, Siena, Firenze, di ritornare a Urbino, di vedere
Venezia.
A Roma giunse, dopo essersi 7isciacquato in Arno, dopo aver
veduto il dominio del Brunellesco e dell’Alberti sull’architettura
toscana dei Quattrocento, e infine il classicismo riformato in senso
toscano, le architetture agili del Cronaca e di Giuliano da Sangallo.
Venne a Roma, sospendendo, nella seconda metà del 1508, la pit-
tura della Madonna del Baldacchino (fig. 160), tutta ispirata all’arte
di Fra’ Bartolomeo, ma nel nicchione marmoreo monumentale,
dipinto dietro 1l baldacchino sulla cattedra della Madonna, nel ca-
tino ampio, come una mezza cupola, ornata da formelle con rosoni
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