2604 1. — ARCHITETTURA DEL CINQUECENTO
disegnava ». Suggeritore di Raffaello nelle ricerche era stato Andrea
Fulvio.
Nella famosa lettera che l’Urbinate scrisse a Leon X, compilata
da Baldassar Castiglione, è anche parola del modo usato nel misu-
rare e nel disegnare la pianta di Roma servendosi della bussola.
La lettera fu scritta nel 1519, quando « ancor non è l’undecimo anno »
da che Raffaello era in Roma. Attendeva allora con tutta l’anima
alla descrizione di Roma antica. Ne discorre Celio Calcagnini, e ci
indica «1a pianta di Roma con gli antichi edifici in parte ricostruiti,
riprodotta dal Principe di tutti i pittori, secondo l'aspetto vetusto,
le proporzioni e l’ordine loro». La ricostruzione, eseguita a norma
delle descrizioni dei testi classici, destò l’ammirazione del Pontefice
Leone e di tutti i Romani, così da far considerare l’artista come
nume sceso dal cielo a ridarci nell’antica maestà la città eterna.
Celio Calcagni, che tornava da Francoforte, dove si era recato come
nunzio all’incoronazione di Carlo V, scrisse del lavoro di Raffaello
all’amico Jacob Ziegler. Morto l’Urbinate, compose un epigramma
che, tradotto, così suona: Tanti grandi antichi e tanta lunga età
occorsero alla costruzione di Roma; tanti nemici e tanti secoli a di-
struggerla. Ora Raffaello cerca e ritrova Roma in Roma, cercare è
di uomo grande, ma ritrovare è di Dio. Tant’entusiasmo destò Raf-
faello, che era all’opera nel 1519, e, morendo, lasciava i disegni dei
« prisca loca per regiones » incompiuti.
La lettera a Leon X fu prefazione all’opera, e il Castiglione,
suo compilatore, ricordando la ricostruzione di Roma antica per
Raffaello, « mentre tu», cantava in latino, «con mirabile ingegno
ricomponevi Roma tutta dilaniata e restituivi a vita e all’antico
decoro 1l cadavere dell’Urbe lacero per ferro, per fuoco e per il tempo,
destasti l'invidia degli Dei, e la morte si sdegnò che tu sapessi ren-
dere l’anima agli estinti, e che tu rinnovassi, sprezzando le leggi del
destino, quanto era stato a poco a poco da morte distrutto ».
Purtroppo il‘lavoro di Raffaello perì, od è occulto, ma la lettera
resta a prova del suo sforzo umanistico, della sua ammirazione per
i monumenti del tempo degli Imperatori, «i quali sono li più eccel-
lenti e fatti con grandissima arte ». Gli edifici moderni, per Raffaello
divenuto archeologo, stavano in un ordine inferiore agli antichi e se,
in un certo momento, egli si pente di non ricordar Bramante e lo
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