Full text: Architettura del Cinquecento (11, Parte 1)

288 I. — ARCHITETTURA DEL CINQUECENTO 
giardino (fig. 254): le arcate a semplici gradi cadono sui tratti della 
sporgente trabeazione, e formano: 1l frontispizio chiuso in alto da 
un timpano nudo, basso, dilatato. Lungo le ali continua il loggiato, 
che ha la sua fronte sulle tre arcate centrali: quattro arcate si vedono 
da ogni parte, la prima, prossima al frontespizio, cade su colonne, 
ai lati delle quali sono due vani rettangolari, con le spalle sopra un 
pilastro; la seconda ugualmente, ma il suo pilastro va ad aggrup- 
parsi con l’altro che fiancheggia la prima arcata, e con esso si ab- 
bina per afforzare il loggiato; la terza non è retta da colonne, ma 
da pilastri che si stringono a quello di termine al vano della 
seconda arcata, e con esso forman blocco, collegandosi così agli 
altri che uniscon la terza alla quarta arcata. Tra queste due non è 
più un vano, ma coppie di pilastri sopra una parete con nicchia 
e incavo quadrato. È un chiostro aritmico, irregolare, perchè la 
regolarità non porti ad effetto monastico, ma è nato con scarsa ro- 
bustezza, così da costringere l’architetto a studiar modo di soste- 
nere il peso delle lunghe ali zoppicanti e troppo aperte, per giunta. 
È poco il pondo della costruzione sovrastante, ma sempre troppo 
per i deboli sostegni. Anche nella veduta sul giardino ora distrutto, 
la costruzione sembra apparato provvisorio, palco improvvisato sopra 
una folla di puntelli. Quella facciata aritmica, anche nel suo effetto, 
non ha suono uguale; ma, se il basamento a bugnato contrasta 
con l'eleganza voluta nella loggia, ne guadagna l’effetto pittorico. 
11 dubbio risultato estetico di questo frontispizio classicheggiante 
scompare nell’interno maestoso del loggiato, che s’apre verso il mirabile 
prospetto dell’esedra lontana (figg. 255-256), con l’eco ripetuta degli 
archi lievi, argentini, nella diffusa luce del sole; anche la vicenda di 
colore, nel bugnato degli archi dell’esedra, contribuisce alla bellezza 
dello scenario che, davanti a chi entra nel portico, si spalanca ampio e 
armonioso, come sfondo illusionistico di pittura per salone cinquecen- 
tesco. Semplice, quasi freddo, è lo schema classico dell’esedra, con la 
monotona successione d’archi e la scheletrica nudità dell’impalcatura, 
ma l’effetto scenografico che risulta dalla studiata distribuzione di 
spazî è mirabile nella sua unità, nuovo nell’arte del Cinquecento t. 
1 Nel cortile del palazzo del T. (fig. 257), Giulio Romano cerca varietà d’effetti con 
la distribuzione del bugnato irregolare, nelle pareti di fianco all’ingresso, con i concì in- 
torno alle arcate, che sceman di slancio e d’altezza dal centro agli angoli d’ogni lato.
	        
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