530 I. — ARCHITETTURA DEL CINQUECENTO
gli scuri per l’ombra dell’aggetto e il predominio della pietra bruna.
Il bugnato si dispone allo stesso modo nelle catene d’angolo, e le
cornici divisorie, che formano ancora, come in Santa Maria di Loreto
e nella for ezza di Civitavecchia, esili cinture alla facciata, traggon
risalto lineare dalla pietra grigia sul bianco del fondo. È un’opera
semplice, linda, armoniosa, sbocciata come per miracolo nella sua
campestre eleganza dai foschi contrafforti del castello.
Più complesso è il palazzo Farnese di Capodimonte (fig. 486),
che sorge ottagonale dalle mura a pianta quadrata dell’antico ca-
stello, come mastio di fortezza che dall’alto del colle domini il lago.
La facciata principale s’apre in un avancorpo del palazzo alterato
da grossolani restauri, tutta animata dal contrasto fra l’altissimo
pasamento nudo e la trama lieve del loggiato ora cieco. È un
crescendo d’aria e di luce verso l’alto, e noi possiame immaginare
delizia di contrapposti fra l’ampia mole poligonale del palazzo e
questo prospetto staccato da essa, coronato da arcate leggere.
Per tutto il dominio dei Farnese si estese l’opera di Antonio da
Sangallo. Nell’isola Bisentina egli costruì una chiesuola (figg. 487-488),
piccola come la terra che l’ospita nel silenzio del lago, e squisita-
mente armoniosa !, detta «1a Rocchina », ottagona all’esterno e cir-
colare all’interno. È un minuscolo prezioso gioiello, una conchiglia
aggrappata allo scoglio, adorna all’esterno d’un cornicione a triglifi
e di larghi specchi tra lesene, che si ripetono nell’interno circolare,
racchiudendo sei nicchie, lo porta d’ingresso e l’altare entro un’edi-
cola fiancheggiata da colonne.
Altro piccolo capolavoro del Sangallo nei territori farnesiani,
prossimo di tempo al palazzo di Gradoli e alla Rocchina dell’isola,
è la chiesa di Sant’Egidio in Cellere (fig. 489), a croce greca, tarchiata
montanina con larghe facce a timpano triangolare, una bassa cu-
pola espansa che tocca con la sua cornice i tetti della crociera; e
tra i quattro bracci di essa, incassate, quattro basse cappelle angolari.
In un complesso e armonico gioco di rientranze e sporgenze, di luci
e d’ombre, si svolge il tempietto, in rispondenza così spontanea di
111 Vasarrz parla di: « due tempietti piccoli: uno de’ quali era condotto di fuori
a otto faccie: et dentro tondo; et l’altro era di fuora quadro et dentro a otto faccie;
e nelle faccie de’ cantoni erano quattro nicchie, una per ciascuno. I quali due tempietti,
condotti con bell’ordine, fecero testimonianza quanto sapesse Antonio usare la varietà
ne’ termini dell’architettura ».