Full text: Architettura del Cinquecento (11, Parte 3)

4 III. — ARCHITETTURA DEL CINQUECENTO _ 
Sino al 1524, e quindi sino a cinquantasei anni, non trovianio 
ina sua opera architettonica, tanto da dover mettere in quarantena 
la novella di Giorgio Vasari circa 1! modo di vivere in Roma del 
Falconetto, che, «essendo povero », per « due o tre giorni della set- 
timana aiutava a qualcheduno lavorare di pittura. e di quel gua- 
dagno, essendo allora i maestri ben pagati, e buon vivere, vivea gli 
altri giorni della settimana attendendo ai suoi studi d’architettura ». 
Dopo tanto fervore, dopo aver ritratto tutte le romane anticaglie e 
ricostruitele «come fussero intere», € rappresentate «in disegno, 
dalle parti e dalle membra, cavando in verità, e l’integrità di tutto 
il resto del corpo di quegli edifizi con sì fatte misure e proporzioni, 
che non potette errare in parte alcuna », nulla ci rimane dell’arte 
architettonica di ui, profondo conoscitore, disegnatore perfetto; e 
il Vasari tentò spiegare la mancanza dei suoi saggi, dicendo che 
ton ebbe ocessione «di esercitare l'architettura, essendo la patria 
in travaglio per mutazione di Stato ». Ma nel 1517 soltanto gl’Im- 
periali lasciaron Verona, che tornò sotto la signoria veneziana; e 
Falconetto, che sino a quell’anno aveva dipinto nella sua città, se 
ne allontanò perchè partitante dell’Imperatore. Gli archivi non ser. 
bano più notizie delle pene decretate da Venezia contro il Veronese 
nemico, che se ne stette per quattro anni a Trento o nelle terre im- 
periali. E, tornato a Verona, fu probabilmente salvo per la prote- 
zione del Bembo e di Alvise Cornaro, che l’ospitò a Padova nella 
propria casa, per ventun anno, scrive il Vasari, e invece, come la 
cronologia ne insegna, per soli tredici anni; e il mecenate « genti- 
luomo veneziano d’alto spirito e d’animo veramente regio », come lo 
rappresenta il Vasari, non si peritò di mettere a carico dei figli di 
Falconetto le ultime spesette di medicine per l’infermo e la spesa 
per i funerali. È da credere sempre più che nella casa di Alvise il 
Falconetto trovasse solo asilo, come doveva essergli prescritto dalla 
repubblica veneziana, fuor di Verona. 
Il Vasari, continuando il suo assunto di magnificare il Falco- 
netto particolarmente per l’arte architettonica, lo fa incontrare a Pa- 
dova con Alvise Cornaro, che si dilettava « delle cose d’architettura, 
la cognizione della quale è degna di qualunque gran principe, ed 
avendo perciò vedute le cose di Vitruvio, di Leon Battista Alberti e 
d’altri che hanno scritto in questa professione, e volendo mettere le
	        
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