7900 III. — ARCHITETTURA DEL CINQUECENTO
miscuglio di rustico, di erme classiche, di metope doiiche, eretto con
serrata, quasi egizia rigidità di geometrico stile, ci presenta subitc
l’autore del tempietto nel fantasioso architetto ‘Tibaldi; e Giovanni
Rocco, che illustrò il tempietto stesso, bene ne riconobbe il segno
nella pianta conservata dall’archivio storico di Novara, attribuita
a Bramante (fig. 726). Il tempietto è a pianta quadra, internamente
ottagona (fig. 727); il dado di base ha la facciata con tre porte, la
centrale racchiusa fra colonne, in alto coronata da un curvo f. onti-
spizio, da cui staccano al disotto, di qua e di 1à da uno stemma, vo-
lute allacciate per le onde di drappi da una mascheretta raccolti.
Agli angoli si drizzano fasci di lesene, che servono a scompartir la
facciata e a sostenere la trabeazione, col fregio a metope e triglifi
in stucco, con una testa di cherubino affibiata all’architrave, sul
inezzo dell’arcata di una finestra aperta sulla porta maggiore. So-
pra al gran dado s’eleva l’alto tamburo, con breve attico, la cupola
ottagonale leggermente elittica e l’alto cupolino coperto da una
piccola calotta sferica. L’interno ripete forme già notate in San Se-
bastiano a Milano, specialmente nella trabeazione con metope e
triglifi, tra cui simboli e sacri trofei (fig. 728) e nel pavimento 1i-
specchia, proietta le forme interiori (fig. 729). Nel fianco del dadeo,
tanto a destra, quanto a sinistra, sporge una cappella, nel fondo
un’altra maggiore, emergente dall’ottagono e fiancheggiata dal cam-
panile a destra, dalla sagrestia a sinistra. Sorge così, semplice, clas-
sico, il tempietto che, memore delle forme dell’antico Battistero,
regna, con la cupola leggermente elittica e il campanile quadrato,
sulle case della riva, sul fondo delle montagne, sullo specchio d’acque
del lago di Lugano.
La facciata del Santuario della Madonna a Saronno (fig. 730)
ci mostra come il Tibaldi, che aveva ampliato e dato movimento alle
masse degli elementi della facciata di San Fedele componendo l’altra
della chiesa dei Ss. Martiri a Torino, ancora qui aggiunga fcrza di
effetto sostituendo ai fasci di pilastri binate colonne, che forzano
a massicci sporti i ripiegamenti delle trabeazioni sui capitelli do-
rici e ionici, e inducono ad affondare la porta come entro un pro-
tiro, a ripetere su tutta la facciata una pesante cadenza d’addentra-
menti e di aggetti. Più quieto e tranquillo è il fianco a destra con
finestre a frontispizio triangolare tra paraste doriche. I’interno,