I04 I. — IMPERO DELLA FORMA SCULTORIA NEL CINQUECENTO
tirata da linee verticali; e all’unisono le teste, una contro l’altra,
una sopra l’altra, si reclinano verso la terra che sta per inghiottire
la salma. La Vergine, albero di sostegno, piega col Cristo alla raffica
di dolore e di morte, e le due statue compongono un sol fusto coi
vertici grondanti al suolo: il drappo cadente a conca dal braccio,
com’ala ripiegata, fa.sentire più intensa l’attrazione dei corpi anni-
chiliti verso la terra.
Il maggiore studio è nelle gambe scavezze, che non puntano
più; si piegano, cadono. I piedi, non ancor liberi dalla scorza mar-
morea, son stretti, radicati, alla terra. Il torace, non ancora formato,
sta come in una gabbia di vimini. Un braccio staccato, rotto, è defi-
nito, ma la mano che s’appiglia a un drappo non sente di prendere,
di stringere, e le gambe mostrano stanchezza, rilassatezza, la gravità
che le piega a terra. Del Cristo non è che il sudario: due occhiaie spro-
fondate, il contorno scuro inferiore delle palpebre, l’ombra della bocca,
il taglio scuro del labbro inferiore, lunghe ciocche di capelli scendenti
lisce incollate alla guancia destra. Anche della Vergine è la maschera:
il taglio delle sopracciglia scure, il contorno delle orbite, delle nari,
delle labbra, i tagli neri, strappi alla materia, solchi del dolore. E,
tra quei colpi di scalpello, Maria guarda impietrita, slarga le occhiaie.
Tutto spira lotta e inquietudine nell’opera gigante di Miche-
langelo, che non soffriva le limitazioni della materia, i termini dello
spazio. 1 blocchi marmorei sembrano ancora sfavillare sotto lo scal-
pello del nuovo Pigmalione, sprigionarsi dall’involucro sotto cui sus-
sultan di vita. Ercole stava nell’anima, dormiva entro i candidi
blocchi di Luni e, al suo ridestarsi, ne gittava lontano le scaglie,
come fiocchi di neve che ricoprissero i muscoli poderosi. Quanto fu
scolpito da lui, signore della materia plastica, a noi sia giunto com-
piuto o no, porta sempre l'impronta sovrana, l’energia indistruttibile,
la fiamma inestinguibile del genio.
Il Cinquecento segna l’espansione della forma: è il maggio che
fa sbocciare nel pieno rigoglio la rosa umana, da Leonardo a Raffaello
dal Correggio a Tiziano; Michelangelo vede regnare l’uomo, nuda
forma sullo scenario squallido di sabbie e di rocce nei quadri biblici
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