20. — VINCENZO DANTI o)
La disposizione è felice, perchè, collocando il Santo orante nel
mezzo, entro un'edicola, lo scultore ha tolto alla rappresentazione
l’immediata espressione della crudeltà. Uomo del Rinascimento,
rifugge dal rappresentare scene di sangue e di morte. Il Santo si
china, piega verso terra, stando sopra una base che lo innalza, e
anche così chinato, in attesa del ferale destino, sembra preghi per
il popolo cui ha predicato la buona novella. Nell’edicola chiusa da
colonne scanalate, egli è come in un sacro sacello, isolato dal ma-
nigoldo e da Salome, che avanzano verso di lui. La composizione
è, così, ideologica; non si congiungono le figure, ciascuna rimane
a sè; il Santo è esposto a commovere la Città del Battista; il mani-
goldo è un giovane cui Raffaello dettò la bellezza dell’arcangelo per-
secutore d’Eliodoro o del giovane che trasporta la salma di Cristo
nel quadro per Atalanta Baglioni; la cortigiana ha l’opulenza delle
donne di Francesco Salviati. Le tre teste formano un triangolo il
cui apice cade sul Battista, come Ecce-Homo esposto alla folla;
di quà e di Ià s’inarcano le due figure, il manigoldo con la chioma al
vento in atto di vibrare il colpo, Salome nel ritrarsi presa da pietà.
Entro lo specchio della parete, su cui un arco s’aggira, le due figure
ritmicamente s’atteggiano: Salome con le rientranze consuete alle
immagini scolpite da Vincenzo Danti, ma grandiosa virago che sente
la ferocia dell’atto imminente; come, da buon umbro, la sente il raf-
faellesco giovane messo 1à a fare una parte che non gli conviene, con
una scimitarra brandita. Così Vincenzo Danti fece il suo maggior
lavoro memore dell’Umbria nativa, e, appena appena, traverso Fran-
cesco Salviati, di Michelangelo maestro. L'importanza del luogo gli
dette anima e forza, tutta la forza che gli era concessa.
VENTURI, Storia dell'Arte Italiana, X, 2
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