44 I. — IMPERO DELLA FORMA SCULTORIA NEL CINQUECENTO
degli schiavi Vittorie e prigioni portano in alto il monumento di
trionfo del Papa guerriero. Il vasto specchio marmoreo, chiuso da
lunetta, forma base al sarcofago, da cui due angeli sollevano il defunto
per trasportarlo verso la Vergine che scende col figlio tra le braccia:
contro i pilastri ijaterali, scorte d’onore, Rachele e Lia simboleggiano
le virtù del Pontefice: contemplazione e azione. Le sagome archi-
tettoniche e le figure del secondo piano segnano un crescendo di
slancio, di stacco da terra, nella loro ascesa trionfale. Ma neppure
le più antiche statue del monumento, gli Schiavi, presero posto
accanto al Mosè nella chiesa di $. Pietro in Vincoli: Firenze e Parigi
vantano queste reliquie del sogno inattuato di Michelangelo. Sei
schizzi per le Statue degli Schiavi (fig. 37) si vedono, come accennammo,
sopra il foglio dell’Ashmolean Museum di Oxford raffigurante una
mano e il genio della Sibilla libica: dunque, mentre stava lavorando
alla volta Sistina, Michelangelo pensava alla tomba del Pontefice. Le
statue sono addossate ai pilastri terminati da un’erma. Una di esse,
in profilo, con le mani avvinte dietro il dorso, la testa sporta, una
gamba appuntata, raccoglie la sua energia per strapparsi dai ceppi;
la stessa figura si rivede, quasi di fronte, più strettamente avvinta
alla colonna, tendersi in un penoso sforzo che dilania i muscoli:
uno schiavo incrocia le gambe e curva la testa sotto le braccia come
oppressa cariatide, mentre l’immagine accanto si snoda a spira dalle
gambe accavallate alla testa e al braccio che in parte la cela.
Le figurine sono minuscole, il segno rapido e tutto accenti,
sovrumana l’energia che si sprigiona dai muscoli turgidi, dalle schian-
tate pose.
Uno degli schiavi appartenenti al Museo del Louvre (fig. 38)
risponde al primo schizzo della serie: poggia sopra un’alta base la
gamba appuntata al ginocchio; ha le braccia avvinte al dorso; piega
la testa in un impeto di ribellione e d’angoscia. L’energia muscolare,
contenuta nelle opere antecedenti la dimoia in Roma, raggiunge
ora una spasmodica intensità: il capo taurino, la spalla potente,
sospinta con slancio di vomere che fenda la terra, s’inclinano in dire-
zione opposta, con uguale impeto, sprigionando irresistibile l’effetto
dinamico; una cinghia stringe il torace, s’affonda nelle carni come
strumento di tortura. I tendini del collo, turgidi, son corde tese
sino allo schianto; la testa massiccia ha i lineamenti contratti, gli