58 I — IMPERO DELLA FORMA SCULTORIA NEL CINQUECENTO
l’imponenza, l'intensità dello spirito: 1 drappi si stringono alla forma,
e la modellano nella sua unità grandiosa; la testa di Sibilla, con linea-
menti squadrati, grandi occhi assorti, come coperti da un velo di
dolore, mantiene l’isolamento pensoso dei veggenti di Michelangelo.
Nella figura di Rachele (fig. 50), invece, la saldezza michelangiolesca
cede: la fluidità dei drappi, la molle carnosità delle mani, la rotondità
pastosa del volto, diminuiscono la forza dello squadro michelangio-
lesco. Ad ogni modo, anche in questa figura, nel suo magnifico slancio,
nelle pieghe dello scialle che stringe gli omeri, rimane ancora l’im-
pronta di Michelangelo, mentre nella statua del Pontefice (fig. 51),
in quella di Sibilla sovrastante a Rachele (fig. 52), nell’altra mediana
di Madonna col Figlio (fig. 53), Raffaello da Montelupo, pur tradu-
cendo disegni del Buonarroti, tornisce le forme e le addolcisce alla
maniera raffaellesca. Nel gruppo di Madonna e Bambino, la forza di
Michelangelo diviene grazia, e l’atteggiamento a spira del piccolo
Gesù si risolve in effetto di levità pittorica. La rotondità delle forme,
la loro morbidezza, la leggiadrìa dell’acconciatura, richiamano in-
sieme l’educazione raffaellesca traverso il Lorenzetto e l’insegnamento
di Andrea Sansovino con i rilievi della Madonna di Loreto. Più insi-
gnificante di tutte, è il Profeta (fig. 54) in costume romano, vacua
imitazione della figura di Giuliano de’ Medici, inferiore anche al
valore di Raffaello da Montelupo.
Opera di tempo prossimo alle statue degli Schiavi è il Cristo
nella chiesa di Santa Maria della Minerva in Roma (fig. 55), la più
debole scultura di Michelangelo, «stropiata » dall’aiuto Pietro Urbano.
Sopra una roccia si ferma il Redentore, apparso, secondo la leggenda
della Messa di San Gregorio, reggendo con le mani la croce e altri
simboli del suo martirio, e volge un ultimo sguardo alla terra. Sembra
che Michelangelo, creatore della terribile immagine di Cristo Giudice
sulla parete d’altare della Cappella Sistina, qui si preoccupi di mitigar
la ribelle forza delle sue forme per accostarsi al tipo tradizionale
del Nazzareno. Il modellato del torso, nonostante il rilievo della
muscolatura, è morbido nel suo lieve accenno di curve, fiacco il gesto
delle braccia; le chiome sono disposte con una ricerca di grazia ignota
all’arte del Buonarroti, e certo dovuta ai traduttori “solo. la boeca