Full text: Scritti editi (Parte 1, Tomo 2)

PRESSO I GRECI 
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farsi intorno alla Terra, od almeno intorno ad un altro astro. 
Profittando dall’ idea del moto epiciclico, applicata già da Era- 
clide ai pianeti inferiori, e dell’altra idea dell’eccentro mobile, 
assegnato da Eraclide ai pianeti superiori, essi dimostrarono 
che si potevano rappresentare le apparenze di tutti e cinque 
i pianeti colla sola ipotesi degli epicicli, purché si abbando 
nasse la condizione che il centro deli’ epiciclo fosse designato 
in natura da un segno qualunque visibile; e così riuscirono 
al sistema degli epicicli mossi su deferenti concentrici alla 
Terra, che fu poi generalmente adottato fino ad Ipparco, e 
ancora da altri dopo di lui. Questo sistema aveva il grande 
vantaggio di prestarsi bene a rappresentare i movimenti celesti 
per mezzo di sfere solide, surrogatesi poco a poco alle sfere 
d’Eudosso nelle scuole, specialmente dei Peripatetici. Aveva 
inoltre il pregio di introdurre una certa uniformità nelle ipotesi 
di tutti e sette gli astri erranti, non escludendo la Luna ed il 
Sole. Il metterli tutti e sette nella medesima categoria impor 
tava moltissimo in un tempo, in cui cominciava a farsi sentire 
nell’astronomia l’influsso dell’astrologia matematica, portata 
in occidente da Beroso Caldeo, e coltivata poi con zelo dagli 
Stoici e dai Neopitagorici. È facile comprendere infatti, come 
le ipotesi di Eraclide, e ancora più quelle di Aristarco, doves 
sero riuscire incompatibili con una dottrina, fondata essenzial 
mente sulla immobilità della Terra al centro del inondo, al 
servizio della quale eran destinati tutti gl’ influssi dei sette 
pianeti, oltre a quelli delle stelle fisse. Caratteristiche a questo 
riguardo sono le espressioni di Dercillide Platonico, il quale 
presso Teone Smirneo f) dichiara degni di maledizione tutti 
quelli che mettono in quiete il cielo ed in moto la Terra, 
perchè essi sconvolgono i principi dell’ astrologia. 
Vili. - Gli eccentri mobili di Eraclide anch’ essi furon 
considerati come una forma d’ipotesi, con cui si poteva rap 
presentare il moto dei pianeti superiori, e che presto si vide 
essere geometricamente equivalente all’ ipotesi epiciclica. Tale 
identità era già nota ad Apollonio di Perga un secolo circa 
dopo Eraclide, e cinquant’ anni dopo Aristarco. Gli eccentri 
di Apollonio avevano ancora la stessa forma e disposizione, 
che quelli d’Eraclide Pontico, e sebbene non fossero più neces 
sariamente centrati sul Sole, obbedivano però ancora alla con 
fi Theonis Smyhn.ej, Astronomia, ed. Martin, p. 3:28.
	        
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