Full text: Scritti editi (Parte 1, Tomo 2)

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RUBRA CARICULA 
Ma per tutte vale F autorità di Tolomeo, il quale nel 
libro Vili, capo 3 dell’Almagesto, descrivendo la costruzione 
della sfera solida stellata, dice che per segnarvi sopra ordina 
tamente le stelle bisogna cominciare dalla più brillante di 
tutte che è nella bocca del Cane: tò qèv ÀupjtpÓTUTOv antcóv, 
Xéyco 8s tÒv sv reo orò pati toc v.vvóq. 
Non vi è dunque ragione di supporre che nell’ intensità 
luminosa di Sirio sia avvenuta alcuna sensibile mutazione 
negli ultimi venti secoli (*). 
Lo stesso non possiamo però risolutamente affermare del 
colore di questa stella. Trovatisi infatti presso alcuni scrittori 
antichi diversi accenni, i quali con sufficiente concordia ci 
condurrebbero a supporre, che intorno al principio dell’ èra 
cristiana Sirio fosse di color rosso intenso; mentre oggi tutti 
vediamo esser questa stella del bianco più puro, anzi si po 
trebbe sostenere, che la sua viva luce contenga qualche poca 
mescolanza di colore azzurro. Se la verità di una tale muta 
zione si potesse metter fuori d’ogni dubbio, notabili conse 
guenze ne verrebbero per la storia fisica non solo di Sirio, 
ma del Sole ancora, e di tutte le stelle. Negli ultimi anni 
infatti è venuta acquistando molto favore fra gli astronomi 
un’ ipotesi, secondo la quale le stelle di color rosseggiante 
sarebbero (relativamente) prossime ad aver finito di esistere 
come corpi lucenti di luce propria; in altri termini, le stelle 
rosse sarebbero, più presto che le altre, votate alla totale estin 
zione del loro splendore, a parità di circostanze. Invecchiando 
e perdendo continuamente calore da esse irradiato nello spazio 
indefinito, muterebbero di colore passando dal bianco per di 
versi gradi intermedi al rosso e dal rosso all’ oscurità totale, 
come si osserva in una massa di ferro che si vada raffreddando 
dopo di essere stata riscaldata fino al calor bianco. Una vicenda 
inversa di colorazioni, il passaggio cioè dal rosso al bianco 
t 1 ) A questa conclusione sembra contraddire quanto scrive Gemino nei 
suoi Elementi eli Astronomia, Capo XIV, che « la grandezza del Cane è 
superata da altre stelle ». Ma Gemino fra gli antichi è uno di quelli che 
ammettono fra le stelle una grande varietà di distanze dalla Terra. « .Non 
si deve pensare che tutte le stelle sian poste sopra una stessa superficie 
(sferica): ma invece è da credere che alcune sian più alte, altre più basse ». 
Ibidem,, Capo 1. Pertanto la difficoltà accennata si risolve ammettendo che 
Gemino intendesse parlare della grandezza reale del Cane, non dello splen 
dore apparente.
	        
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