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RUBRA CANICULA
Qui non v’è accenno a color rosso; anzi la forte scintil
lazione si potrebbe considerare come un argomento negativo,
essendo certo, che le stelle bianche scintillano più fortemente
che le altre, e specialmente più che le rosse.
Argomenti positivi invece si è creduto di trovare presso
i diversi scrittori latini, che si occuparono a tradurre più o
meno liberamente il poema d’Arato. In tesi generale è mani
festo. che una traduzione accurata non può avere autorità
maggiore che il suo testo, mentre una traduzione libera o
negligente ha di certo un’autorità minore. Non è quindi per
messo di appoggiarsi all’autorità di quei traduttori, se non in
quanto si possa provare, che essi hanno corretto od accresciuto
il testo di Arato colla scorta delle loro proprie osservazioni
intorno al colore di Sirio. Esaminiamo come si presenti la
questione per ciascuno di loro. Le citazioni sono fatte qui
sull' edizione di Buhle, e le pagine si riferiscono al secondo
volume di essa ( 1 ).
1. Cicerone rende così il passo di Arato relativo a Sirio
(p. 13):
.... rutilo cuoi fumine claret
Fervidus file Canis, stellar uni luce refulgens.
Rune tegit obscurus subter praecordia venter.
Nec loto spirane rabido de corpore flammam,
Aestiferos validis erumpit flatibus ignes ;
Totus ab ore micans iaeitur mortalibus ardor.
1/epiteto rutilus nel primo verso è stato interpretato come
equivalente di rosso o rosseggiante. Il confronto col testo greco
mostra però che il rutilus sta qui a rappresentare il JtoixiXog
d’Arato, che ha tutt’altro senso. Inoltre si noti che nei tre
primi versi si parla di tutta la costellazione del Cane, non già
di una particolare stella, precisamente come iu Arato. A Sirio
specialmente si accenna nei tre ultimi versi, dove si dice, che
non tutto il corpo del Cane spira fiamma e calore, ma solo la
bocca (dove appunto è Sirio). Quanto alla parola rutilus notiamo
subito che spessissimo è impiegata dai poeti latini per indicare
semplicemente l’idea di luce viva, o di splendore, senza desi
gnazione di colore speciale. Cicerone stesso dice della Ver
gine a p. 22 :
(9 Aratea curavit, J. T. Buhle. Lipsiae, 1793 e 1801. Due voi. in 8°.