Full text: Scritti editi (Parte 1, Tomo 2)

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RUBRA CANICULA 
non ha dovuto trovarsi imbarazzato per così poco. È dunque a 
credere, che il passo citato d’ Orazio non si riferisca neppure 
a Sirio: dato però e non concesso, che nella sua Cardenia si 
dovesse ravvisar Sirio, nulla si sarebbe guadagnato per il 
color rosso di questo, anche astraendo dal significato molto 
vago che le parole ruber, rutilus etc. sogliono avere nei poeti 
latini secondo quanto abbiamo mostrato più sopra. 
6. Seneca nel libro IY, c. 2 delle Questioni Naturali se 
guendo 1’ esempio di tanti altri scrittori, mette in correlazione 
il principio della cresciuta del Nilo col levare eliaco della 
Canicola: At Nilus ante ortum Caniculae augetur. Non si può 
dubitare ragionevolmente che qui si tratti di Sirio e non di 
Procione, quantunque il levare eliaco di queste due stelle sotto 
il parallelo di Siene accadesse allora proprio nel medesimo 
giorno. Il celebre passo (Quaest Nat. I, c*. t), quurn aerior sit 
Caniculae rubor, Martis remissior, Iovis nullus ... si dovrà per 
tanto applicare a Sirio più probabilmente che a Procione. Dato 
che esso rappresenti il risultato di una propria e vera osser 
vazione, non ne verrebbe però ancora la conseguenza, che fosse 
realmente Sirio più rosso di Marte ai tempi di Seneca. 
Infatti, se l’autore di tale osservazione constasse esser 
stato una persona perita delle osservazioni celesti, essa costi 
tuirebbe un documento decisivo. Trattantosi però di un uomo 
degno si di rispetto per molti titoli, ma della cui familiarità 
coll’ aspetto del cielo è lecito dubitare, non sarà rigore sover 
chio il differire un giudizio definitivo; il quale dovrà coordi 
narsi con quello che sarà per risultare dall’esame complessivo 
di tutte le testimonianze. Negli antichi scrittori infatti non 
sono infrequenti allusioni a fenomeni astronomici così espresse, 
da costringere il lettore ad ammettere qualche abbaglio grave I 1 ). 
(') Un tal caso per esempio sembra esser accaduto ad Euupioe, quando 
affermò {Ifigenia in Aulì de versi 6-8) che Sirio è vicino alle Plejadi, men 
tre realmente erano e son distanti fra loro quasi 60 gradi, cioè un terzo 
di tutta l’ampiezza del cielo visibile; sembra esser accaduto a Punì o, 
quando affermò (Ilist. Nat. XVIII, c. 29) che Procione precede il Cane 
nell’occaso eliaco, mentre ai suoi tempi lo seguiva di circa un mese; e 
sembra esser accaduto ad Ovimo, quando afferma (Fasti IV, v. 924) che il 
Cane ha il suo levare eliaco alla line di aprile, mentre ai suoi tempi lo 
faceva dopo la metà di luglio. Una vera disperazione pei commentatori 
sono i versi '237-238 libro IV delle Georgiche , dove Virgilio finge che le 
Plejadi al tramonto fuggano inseguite da un Pesce celeste; il quale poi 
non è visibile sull’orizzonte ir, alcun canto. Infatti è agevole convincersi
	        
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