I Parapegmi o Calendari astrometeorologici dei Greci e
dei Romani sono da annoverare fra le reliquie più curiose, se
non fra le più importanti, dell’antica scienza; e costituiscono
il primo tentativo razionale che sia stato fatto per arrivare ad
una previsione approssimativa del tempo. Gli autori che scris
sero la storia dell’ Astronomia se ne occuparono assai poco, e
poco anche ne discorrono quelli, che ai nostri tempi hanno
cominciato ad abbozzare la storia della Meteorologia. Lo stesso
Yan Bebber, il quale nel suo Manuale per lo studio pratico dei
fenomeni atmosferici ha dato una storia, così erudita e così
piena di fatti, della previsione del tempo presso gli antichi e
presso i moderni, fa soltanto pochi cenni di uno dei detti Ca
lendari; nè a questo, nè agli altri sembra attribuire molto
interesse ( 1 ). Io sono d’opinione alquanto diversa; e perciò
voglio tentare di esporre brevemente quanto su tali Calendari
ho potuto apprendere dai numerosi frammenti che ancora ne
restano, e dai passi degli autori classici, che a tale materia
si riferiscono.
I. Come i popoli primitivi, per regolarsi sul corso delle
STAGIONI, DOVESSERO RICORRERE ALL’ OSSERVAZIONE IMME
DIATA DEI FENOMENI CELESTI.
Pochi sanno estimare al giusto l’immenso benefizio, che
ogni momento godiamo, dell’ aria respirabile, e dell’ acqua,,
non meno necessaria alla vita; così pure pochi si fanno un’idea
(>) Van Bebbek, Handbuch der ausübenden Witterungskunde, Stutt
gart, 1885, voi. I, pp. 47-48.