italiani), perchè questi ecclesiastici già provvisti di compensi, richie-
devano, come tecnici, minori spese. Una lista di ingegneri che va
dal 1600 al 1675 ne comprende 151, e tra essi sono molti particolar-
mente dotti, sia spagnuoli che di altri paesi; tuttavia il Consiglio del
Regno non volle scuole per essi.
“ Un documento di D. Carlo di Aragona, vicerè di Napoli, del
1575, indirizzato al re Filippo III, dice che avendo constatato la
grande deficienza di artiglieri nell’armata e nei presidî di Barberia,
e sapendo quanto costavano a trarli di fuori e la poca fiducia che
ispiravano, non essendo vassalli di S. M., così aveva disposto che
si ristabilisse la scuola di artiglieria diretta da Federico Venusta,
il quale però essendo assente perchè rimasto prigioniero nella spe-
dizione della Goletta, veniva frattanto sostituito da Pietro de Iniesta
e da Mattino Garcia del castello di Napoli, ambedue spagnuoli, ma
allievi della scuola di Milano ,,. E tra le materie di insegnamento
di tale scuola erano anche: “cognizioni bastevoli di fortificazione,
di ripari e di offesa e difesa ,,.
“Tuttavia saltuariamente e per opera di privati si ebbero nella
Spagna vatie scuole di tecnica bellica, come quella dell’Astur e quella
di Giuliano Faruffino, nelle quali sino al secolo XVII s’ insegnò mate-
matica, fortificazione ed altre materie; in esse i libri nella quasi totalità
erano italiani, come afferma un documento di Giovanni de Herrera oe
Questo è quanto scrive l’Aparici e ciò vale in parte a spiegare
la grande influenza esercitata dall’arte fortificatoria italiana sulle
costruzioni difensive della penisola.
Quasi a maggiore conferma di quanto si è detto, lo stesso perio-
dico nell’annata 1879, riportando la biografia del capitano Cristoforo
de Rojas, ingegnere militare spagnuolo del XVI secolo, riferendosi
ai sistemi di fortificazione di quel tempo, scriveva:
°° Gloria eterna ai primi ingegneri italiani! L’esperienza da questi
acquisita nei loro viaggi, col loro spirito avventuriero, con le molte
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