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I numeri romani.
Nella numerazione romana si usano i segni:
I = 1, V = 5, X = 10, L = 50, C=100, D = 500, M=1000.
Questi segni avevano dapprima una forma speciale, quale
si trova nella colonna Duilio, deiranno 251 a. C., ancora esi
stente in Roma, ed in altre iscrizioni. Poi si confusero colle
lettere dell’alfabeto. Ogni altro numero si esprime per addi
zione coi precedenti, raramente per sottrazione.
Esempio: Boezio, ucciso da Teodorico nell’anno 525, nel suo
libro « De institutione arithmetica », così esprime le potenze
di 2: I. II. IIII. Vili. XVI. XXXII. LXIIII. CXXVIII.
Numeri quadrati: I. IIII. VIIII. XVI. XXV. XXXVI.
XLVIIII. LXIIII. LXXXI. C.
Numeri cubi: I. Vili. XXVII. LXIIII. CXXV. CCXVI.
CCCXLIII.
II numero 4 è sempre indicato per IIII in tutti i monu
menti romani, e nei libri; la forma sottratti va IV comparisce
dopo il 1600. La forma IX si trova raramente nelle antiche
iscrizioni. Nei monumenti, i segni rappresentanti numeri erano
spesso sopralineati, per distinguerli dalle lettere dell’alfabeto.
Ma nei manoscritti si trova sopralineato il numero delle
migliaia. Così nelle opere matematiche di Gerberto, che di
ventò papa, sotto il nome di ^Silvestro II, dal 972 ai 1003,
trovasi :
« jugerum pedes vero XXVIII DCCC »
cioè «il jugero, rettangolo di 240 piedi per 120 piedi, vale
28 800 piedi quadrati ».
L. Viriglio, I segni numerali romani, « R. Accademia
delle Scienze di Torino » anno 1916, riproduce numerose iscri
zioni romane, contenenti numeri.