T. Leti-Civita, Lezioni di calcolo differenziale assoluto.
Dunque dalle ipotesi [6] e [5'] segue che esiste una relazione
del tipo [3], e precisamente, che la u n è esprimibile mediante le ri
manenti u) questa relazione è poi unica, perchè se ve ne fosse un’altra,
eliminando fra di esse la u n si avrebbe una relazione fra le ni, ..u n ^,
il che, come si è osservato, è escluso dall’ipotesi [6].
§ 6. — Matrici funzionali. Definizione dell’indipendenza
Dim funzioni di n variabili. — Passeremo ora a studiare il caso, più
generale, in cui il numero m delle funzioni u non uguaglia quello n
delle variabili x. Torna allora opportuno considerare la matrice fun
zionale delle assegnate funzioni, cioè la seguente matrice ad m righe
e n colonne:
àui
òUi
ÒU1
ì)Xi
dXz
ò Xn
d U m
èUm
t>Um
òXi
ÒX2
òXn
Essa verrà nel seguito designata con la lettera M-, è da rilevare
però che al simbolo non è coordinato alcun valore numerico, e quindi
la lettera M non rappresenta una quantità, ma una abbreviazione
dello schema di cui parliamo.
Ricordiamo anche che si dice caratteristica di una matrice il
massimo ordine dei determinanti non nulli che se ne possono estrarre;
la caratteristica non può evidentemente superare il più piccolo dei
numeri delle righe e delle colonne.
Diamo ora una definizione, che verrà giustificata nel § seguente.
Si dice che m funzioni di quante si vogliono variabili sono
indipendenti, quando la caratteristica della loro matrice funzionale
è m. Se ne deduce subito, che se il numero delle funzioni supera
quello delle variabili, le funzioni non possono essere indipendenti;
se poi i due numeri sono uguali, la definizione coincide con quella
data precedentemente, poiché la matrice diviene un determinante
d’ordine m, e l’essere la caratteristica m significa che questo deter
minante non è nullo.
§ 7. — Teorema. — Date m funzioni u di quantesivogliono va
riabili x, se la caratteristica della loro matrice funzionale è le, tra le
u passano m — le relazioni (e non più) non involgenti le x. Si dedurrà