Full text: Gli architetti militari italiani nella Spagna, nel Portogallo e nelle loro colonie (Volume 3)

Colliure) e di Perpignano, autorizzandolo ad eseguire i lavori, comin- 
ciando da quest’ultima, e una lettera del Pizano dice appunto che 
nel 1544 il da Ravenna lavorava in Rosas. 
In Colibre trattavasi di restaurare la vecchia cinta in varî punti 
diruta ed una torre detta di San Telmo, che difendeva l’ancoraggio 
di Port-Vendres, la quale era in rovina; però nulla si fece per man- 
canza di danaro, ed invece si lavorò in Perpignano. Era questo luogo 
un grosso borgo chiuso da una cinta medioevale [fig. 12], che svolge- 
vasi con andamento molto irregolare, formata da un muro con nume- 
rose torri ed otto porte. Su due punti opposti di tale cinta erano due 
castelli, uno detto ““ castillo major,, e l’altro “il castilet,,. Il primo 
costituiva l’opera di maggior importanza della piazza e consisteva 
in un edificio a pianta rettangolare, abbastanza ampio, con torti 
quadrilatere agli angoli e nel mezzo dei lati; attorno ad esso era 
una cintasturrita a pianta. quasi quadrata. Tutte queste’ opere, 
però, erano deboli e cadenti, sicchè presentavano poca resistenza ad 
un’azione di attiglieria. 
Anche per questa piazza il da Ravenna applicò il metodo dell’adat- 
tamento della vecchia cinta alle nuove necessità della difesa. Il 
progetto da lui compilato [fig. 13] comprendeva tre specie di lavori: 
anzitutto la rettifica di alcuni tratti di cortine troppo irregolari; 
in secondo luogo la costruzione di nove baluardetti con artiglierie 
per il fiancheggiamento delle cottine; infine il rafforzamento del 
castello maggiore col terrapienarne le mura e munirle di baluardetti 
coprenti le torri dei quattro angoli. Notisi che l’autore dà a queste 
opere precisamente il nome di “ beloart,, o “ beloaros,, alla moda 
italiana. Tali lavori in gran parte furono eseguiti; i baluardetti delle 
mura presero i nomi di Nostra Signora, di San Lazzaro, della Citta- 
della, del Castello Maggiore, del Generale, del Governatore e del 
Beedor. Erano baluardetti piccoli, propri di quell’epoca e richiama- 
vano grandemente quelli di Nettuno (1505) e quelli di altre città 
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