‘nsa laboratorio parmense. Sul finite del 1831, perfezionando il termo-
moltiplicatore, creato nel 1829 da Leopoldo Nobili, ed aggiungendovi
essa un opportuno galvanometro, riusciva a realizzare un apparecchio di
fes- squisita sensibilità alle più impercettibili variazioni di temperatura.
‘ava È l’apparecchio classico che in onore del suo autore porta anche oggi
“Il nei trattati di fisica d’ Oltralpe il nome di « appateil de Melloni ». Que-
etto sto delicatissimo strumento, di cui uno dei primi esemplari fu presen-
già tato, accompagnato dalle più calde lodi di Francesco Arago, all’ « Aca-
ano démie des Sciences », fu il fedele ed indispensabile collaboratore
‘nza delle sue ricerche dandogli modo di controllarle con la più rigorosa
)£SO esattezza. Con il suo ausilio cominciò, quale base sistematica del suo
i di lavoro, a verificare quanto nel campo della trasmissione del calore era
ulle stato fatto da altri. Pochi, e spesso senza spiegata relazione fra di essi,
3otr- i fatti fino allora constatati, dopo che Beniamino Rumford (1753-1814)
am- aveva verificato, dopo quanto era stato sostenuto dal chimico svedese
rita, Carlo Guglielmo Scheele (1742-86) che l’aria ambiente non interviene
ima nella propagazione del calore. Contemporaneamente il fisico e mate-
con matico inglese Giovanni Leslie (1766-1832), con un termometro diffe-
a il renziale da lui cteato, e con metodi ingegnosi, aveva dimostrato che
lella un corpo caldo annerito raffredda più rapidamente di quanto la sua
rma superficie è specolare, dando così origine al concetto del potere emis-
cale sivo. Inoltre facendo uso del suo termometro, di un cubo metallico
rese ripieno di acqua calda e di un paio di specchi per riflettere il calore da
un fuoco all’altro di essi, aveva cercato di verificare i vari gradi del
‘ago potere emissivo. Vi aveva unito accurate ricerche sul potere raggiante
nei e su quello assorbente e dimostrata la cosidetta «legge del coseno »,
SEN cioè che la radiazione ricevuta da una superficie è proporzionale al
>de- coseno dell’angolo d’incidenza dei raggi ricevuti. Con il bagaglio di
ioni questi dati spesso incompleti ed approssimativi, il Melloni iniziava
tuto anzitutto una serie completa di esperienze, rimaste classiche, aventi lo
esto scopo di determinare la trasmissione del calore raggiante attraverso le
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