Full text: Dai primordi dell'arte cristiana al tempo di Giustiniano (1)

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Sidonio Apollinare si rallegrava che ricordi mitologici e 
nudità procaci non rivestissero le bianche pareti della villa 
paterna. 
Nei bassi tempi si continuarono a diffondere per l’Impero 
i ritratti dei Cesari. Però, mentre prima i cristiani erano in- 
vitati a sacrificare al genio dell’imperatore e adorarne la 
immagine, dal tempo di Costantino in poi il rifiuto all’adora- 
zione non era più delitto di lesa maestà. È sappiamo che 
essendo stati accusati a Costantino Magno alcuni, rei di avere 
sfigurata una sua statua a colpi di pietra, ed essendogli stata 
chiesta la punizione dell’oltraggio fatto alla sua fronte regale, 
Costantino si passò leggermente la mano sul viso e rispose 
sorridendo di non sentire alcuna ferita.’ E Teodosio, più tardi, 
l’anno 425, promulgò un editto per proibire che alle immagini 
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imperiali si rendesse il culto riserbato alla divinità. 
Costantino s’era fatto dipingere nel vestibolo del suo 
palazzo col segno vittorioso della croce sulla testa, e pun- 
tando il labaro sopra il genio del male, figurato da un drago 
steso a’ suoi piedi, così come in seguito si vede rappresentato 
delle sventure patite passa improvviso Cupido, che esse, esperte, riconoscono, benchè lo 
celi una nube, e gli sono sopra e lo fanno prigioniero, e per vendetta vogliono marto- 
riarlo. Scelgono un mirto nel bosco stesso dove egli tormentò Venere per Adone, e sul 
più alto ramo lo sospendono: devictuin post terga manus, substrictague plantis vincula, e 
ciascuna lo tormenta: chi con un laccio, chi con un pugnale, chi gli accosta le faci ardenti, 
chi lo punge con uno spillo sì da far sprizzare il sangue, da cui nascono le rose. Venere 
stessa viene a vendicarsi delle grandi colpe commesse per causa di lui, e lo batte a sangue 
col roseo serto, finchè le eroine se ne impietosiscono e domandano perdono per lui e lo 
sciolgono dai lacci, ed egli fugge. 
1 Il Friedliinder scrive che Sidonio Apollinare, sdegnato delle nudità procaci dipinte 
nelle pareti di una sala termale, vi fece dare di bianco; ma lo scrittore male interpretò 
l’epistola II a Remigio del libro II delle epistole del poeta. Egli descrive all’amico una 
sua villa paterna, in cui si è recato pei calori estivi. Così descrive le terme: « Interior pa- 
rietum facies solo laevigati caementi candore contenta est. Non hic per nudam pictorum 
corporum pulchritudinem turpis prostat historia; quae sicut ornat artem, sic devenustat 
artificem. Absunt ridiculi vestitu et vultibus histriones, pigmentis multicoloribus Phili- 
stionis (poeta mimografo, morto dal ridere) supellectilem mentientes. Absunt lubrici, tor- 
tuosique pugillatu et nescibus palestritae : quorum etiam viventum luctas, si involvatur 
obscenius, casta confestim gymnasiarcorum virga dissolvit. Quid plura? nihil illis paginis 
impessum reperietur, quod non vidisse sit sanctius ». (Patrologiae cursus accurante 
J. P. MIGNE, tomus LVIII, Parisiis, 1847; SIDONII APOLLINARIS Epistolarum lib. IL, epi- 
stola 11, colonne 474 e 475). 
2 SANCTI CHRyYsSosST. Oper., t. IL, homilia XX: 
3 EuvseEgrro, in. Vita Constantin, lib. Hi; cap. 111
	        
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