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de’ Sant’Apostoli di Firenze, per lo che fu poi chi cre-
dette, come si legge nel Vasari, essere stata quella chiesa
consacrata dall’arcivescovo Turpino, presenti quei due ca-
valieri.
Nel timpano della porta sono, entro tondi, tre Virtù in
figura di regine. E qui pure, come nell’archivolto, è l’arte
di Niccolò, il quale tuttavia, per alcune decorazioni nell’este-
riore del duomo veronese, dovette trarre pro di Adamino
di San Giorgio, firmato nelle arcate anteriori della cripta di
San Zeno, e affidargli l’esecuzione de’ fregi, che si vedono
piatti su quella facciata, come trafori sul fondo.
Da Modena, Cremona, Nonantola, Piacenza, Ferrara,
Verona si diffonde lo stesso spirito nell’arte di Wiligelmo e
di Niccolò.* Dalla storia primitiva dell’umanità scolpita sulle
facciate delle cattedrali romaniche si risale alla storia della
redenzione, e all’espressione della vita umana che la For-
tuna muove nell’instabile ruota, dominata dagli astri, dal
supremo motore, che è Dio. I Vizî e le Virtù s’aggirano
intorno alle cattedrali, i Vizî alla gogna, le Virtù nell’apo-
teosi, mentre i demoni sono là come a impedire l’accesso
nella casa di Dio, additata al fedele da Enoch e da Elia,
trionfatori della morte. Lottano, urlano, gridano i demoni
per impedire al peccatore il lavacro, sono là a difendere con
i serpi, i leoni e le belve la preda dell’inferno. La mano di
Dio benedice dall’alto, invita i fedeli alla pace e al perdono,
e il demone si scatena contro gli esseri che tendono alla puri-
ficazione dell’anima. Tale fu l’intimo pensiero degli scultori
delle cattedrali emiliane e della veronese.
I Anche a San Benedetto di Polirone, nella chiesa dove è sepolta la contessa Matilde,
vi è traccia dell’opera di Niccolò, in un frammento di uno stipite di porta con la rap-
presentazione del Dicembre e del Novembre. Naborre Campanini nel comunicarmi la
notizia del frammento, mi avverte d’avere trovato un altro pezzo dello stesso stipite
messo a un'’insegna d’osteria perduta nella campagna mantovana.