Full text: L' arte romanica (3)

— 6.) — 
Federigo II le fece trasportare a Palermo, con grande ira del 
vescovo Giovanni di Cefalù, che, tornato da un’ambasceria, 
e non ritrovando più i magnifici avelli, fulminò la scomunica 
all’imperatore, il quale se ne liberò concedendo al vescovo un 
feudo. Nel diploma di concessione, Federigo dichiara di voler 
deporre in un’urna la salma paterna e di riservare l’altra per 
sè. Da ciò si deduce che le urne di Arrigo VI e di Federigo Il 
appartengono al tempo normanno, e sono le stesse che furono 
fatte intagliare dall’invitto e magnanimo Ruggiero IL. * 
Esse hanno tra loro grandissima somiglianza: quella di 
Federigo II (fig. 570, 571) è retta da leoni assiri, con la lingua 
che sporge dalle fauci slargate, irte di denti a sega, coperte di 
baffi arricciati. Sul capo dei mostri giran corone di riccioli; 
sul loro petto cade la giubba a ciocche serpentine, come lingue 
di fuoco; e sotto il ventre, fra gli artigli, stanno figure sog- 
giogate e morte, come ne’ leoni de’ protiri delle chiese, che 
sembrano ricordare ai fedeli la preghiera di Daniele invo- 
cante da Dio la salvezza dalla gola del leone. Il coperchio 
dell’urna, a guisa di tetto a spigolo acuminato, reca scolpito 
il Redentore benedicente, la Vergine col Bambino e i simboli 
evangelici. In fronte all’urna un fiore e una testa leonina 
con un anello, e dalla parte opposta la corona regale e una 
croce greca. Al baldacchino, retto da sei colonne, tre nel lato 
anteriore e altrettante nel posteriore, mancò il porfido per la 
copertura e per due capitelli, che furono scolpiti in granito. 
Simile nella distribuzione è l’urna di Arrigo VI (fig. 572), 
benchè sia più semplice, la sua decorazione più classica e il 
porfido si prodighi nel basamento e nel baldacchino. L’urna di 
Ruggiero II (morto nel 1154) è formata da lastre di porfido 
senza alcun ornamento (fig. 573), sollevata da otto cariatidi, 
quattro a un’estremità, quattro all’altra, di uomini con tunica 
sino alle gambe, legata ai fianchi, chino il capo, con un ginoc- 
chio a terra, sostenenti a gran forza con le braccia e le spalle 
1 DI MARZO, op. cit. 
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