vano muraglie cinte da merli. Era la torre più forte della
città, tanto che il Petrarca la chiamò « turris toto urbe unica ».'
Nella campagna romana il castello ha un’importanza sin-
golare: contiene anch’esso la chiesa, non interna come negli
altri castelli feudali, ma fuori della residenza baronale. Questo
è dovuto al fatto che in Roma le due autorità, pontificia
e feudale, volevano conservarsi indipendenti; onde la chiesa
era separata dal resto nel recinto del castello, nel cortile o di
fuori della residenza baronale. Una traccia ne resta nel nome
di alcune chiese di Roma, di San Salvatore: 77 Curte, che
sorgeva nel cortile del castello degli Alberteschi, e di altre
tre chiese, dette Santa Maria in Curte. Il castello di Capo di
Bove, al sepolcro di Cecilia Metella, sulla via Appia, così de-
nominato perchè adorno di bucranî, quantunque costruito tardi
dai Caetani, circa il 1300, pure è importante come esempio
della indicata particolarità. La via Appia lo tagliava per il
mezzo, e ai due ingressi erano due archi. I signori del ca-
stello potevano, a lor talento, intercettare la via. «Al se-
polcro di Metella è innestato il palazzo a due piani, costruito
con marmi e quadretti di peperino e di tufo, che aveva sulla
campagna una gran porta sormontata da un balcone ad arco
tondo, sorretto da mensolette di marmo ».- Nell’ interno riman-
gon tracce di dipinti, di finestre bifore, ecc. Incontro al pa-
lazzo, dall'altra parte della via Appia, sorgeva la chiesa a una
sola nave, con dodici finestre ogivali, incorniciate di marmo.
Ora non restano se non i muri di cinta. Ma a ricostruire
idealmente l’antico castello serve un disegno dell’archivio
Caetani, con questa leggenda: « Petrus Caietanus castrum
praetorium (— campo trincerato) restauravit anno 1292 pi
Altra singolarità per cui si distinguono i castelli romani
è quella di aver pianta e forma capricciosa, essendo co-
I Rer. famil., XI, ep. 7, Ad Socratem.
2 TOMASSETTI, Della campagna romana nel medio evo, Roma, 1885.
3 NIcconLaAI, negli Atti dell’Accademia di archeologia, 1, pag. 576.