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quasi compiuta da Onorio III, con l’opera di artisti veneziani.
ll carattere bizantino nei resti antichi del musaico, guasto dal
tempo e dagli uomini, è evidente; tuttavia non sembra che la
tradizione romana fosse interrotta per il sopravvenire di artisti
bizantini o educati all’arte bizantina. La tradizione romana va
sino alla fine del Dugento, e allora manda gli ultimi raggi
di luce nei musaici di Jacopo Torriti, in San Giovanni in
Laterano (1291) (fig. 784) e in Santa Maria Maggiore (1296),
nelle pitture e nei musaici di Pietro Cavallini, che forme-
ranno oggetto di studio del prossimo volume, insieme con
gli affreschi che adornarono, prima dell’avvento di Giotto,
San Francesco d’Assisi, e le numerose tavole toscane che
prepararono il campo tenuto da Cimabue finchè ebbe « Giotto
il grido ».
Co’ musaici di San Clemente e di Santa Maria in Traste-
vere hanno qualche relazione quelli della tribuna del batti-
stero di Firenze, opera condotta da Jacopo, frate regolare fran-
cescano (1225), come dice l'iscrizione:
SANCTI: FRANGISCE FRATER FECIT: HOC: OPERATVS
TACOBVS: IN TALI PRAE CVNCTIS ARTE PROBATVS
Vi è rappresentato l’agnello nel fondo della volta cir-
condato: dai angioli, patriarchi e profeti; ai lati, la. Ver-
gine col Bambino e San Giovanni Battista. Sono guasti in
gran parte, ma mostrano tuttavia quei caratteri cristiani
arcaici che abbiamo riscontrato a Roma, e che si possono
pure riscontrare a Venezia, da cui derivarono i musaicisti di
Onorio III, che compirono il musaico dell’abside di San Paolo
fuori le Mura.
Nessun documento artistico rimane di frate Rustico, che-
rico e pittore (1066), di Girolamo di Morello (1112), di Mar-
chisello, che dipinse (1191) un quadro esistente anche al
tempo di Cosimo de’ Medici sull’altare maggiore di San Tom-
maso, e di altri pittori vissuti in Firenze sino alla metà del