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intorno al 1250. Trovandosi però nella Biblioteca Comunale
di Borgo San Sepolcro un codice liturgico, con molte mi-
niature, uscito certamente dalla stessa scuola che pennel-
leggiò le carte de’ manoscritti precedenti, potrebbe chiedersi
se essi non sieno una traccia della via tenuta da Oderisio da
Gubbio prima di rendersi a Bologna.
De’ marmorarî romani abbiamo discorso trattando della
parte che ebbero nell’architettura; vediamoli ora fornire alle
chiese la mobilia presbiteriale. Nel fondo del coro di Santa
Balbina, fu posta la sedia vescovile con la spalliera decorata
come a San Lorenzo, da grandi tondi di porfido, terminata
ad arco trilobato;; a San Cesareo, fiancheggiata da colonne
tortili, inclusa come in un tiburio, la cattedra divenne il
trono; e Vassalletto ad Anagni lo fece reggere dai leoni
(fig. 785), e l’ornò d’un disco, che doveva disegnarsi come
nimbo intorno alla mitra del vescovo. Più tardi, verso la fine
del Dugento, la spalliera, come ai Santi Nereo e Achilleo,
terminò ad arco acuto; dai pilastri laterali partirono a incro-
ciarsi sopra questo altri segmenti d’arco, che formarono la
base del timpano triangolare con foglie rampanti nelle linee
d’inclinazione.
L’altare, ancora sovrapposto in molti luoghi alla confessione
con /enestella, come a San Cesareo, era di forma rettangolare
o quadra, rivestita nelle facce dai marmi fasciati di musaico,
con il paliotto riccamente ornato. A San Cesareo, in Roma,
il davanti dell’altare prende la forma della faccia anteriore del-
l’urna d’Onorio nel mausoleo di Galla Placidia a Ravenna; *
ma si copre di musaici come di un tappeto orientale, a piccole
tessere cubiche o tagliate in varia forma (opus sectile), or di
marmi, or di smalti, or di ceramica iridescente (fig. 786).
1:Cfr. vol: I; fig. 203.