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quale non si vede in altro monumento cosmatesco. Le tes-
sere ceramiche, che già notammo nell’ambone di Minturno
e nel pavimento del presbiterio di Monreale, come in un
musaico algerino, * ci indicano anzi la derivazione del mu-
sivario dal Mezzogiorno d’Italia. Più classici i Cosmati, in-
trecciarono ne’ paliotti quadrati e rombi, come nell’altare
di Santa Scolastica a Subiaco; o li ornarono di lastre mar-
moree rettangolari, come nell’altare di San Francesco a Su-
tri, è di grandi fasce a corridietro, come nella cattedrale
di Ferentino, o di rombi intrecciati e segnati dalle dia-
gonali, come a Santa Maria in Trastevere. Lo studio degli
antichi monumenti romani fu il fondamento primo dell’arte
cosmatesca; e solo al principio del Dugento la severa colo-
razione del porfido e del serpentino si avviva per le tessere
vitree con foglie d’oro, le quali più tardi, verso la fine di quel
secolo, abbondano.
Innanzi agli altari s’innalzarono parapetti o cancelli limitatî
da colonne tortili, ornati generalmente di rettangoli porfirei,”
e anche di grandi tondi con fasce aggirantisi in circolo ad
ogni quadrante, come si vede a Ponzano Romano, e spesso
nelle provincie meridionali, per esempio nell’ambone disfatto
della cattedrale di Capua.
Sul gradino su cui poggia l’altare s’ innalzò il tiburio, o
ciborio, retto da quattro colonne, su cui volgonsi archi a tutto
sesto sormontati da cornice orizzontale e da timpano trian-
golare. Così a San Cesareo; mentre nella prossima chiesa dei
Santi Nereo e Achilleo, dietro al timpano vedesi la copertura
non a tetto, come a San Cesareo, ma a cupola. A Castel
Sant’ Elia, presso Nepi, e a San Clemente, in Roma, sull’ar-
chitrave che lega le colonne ergesi una serie di colonnine
brevi, reggenti un secondo architrave e il timpano triangolare
(fig. 787). A Terracina le colonnine si dispongono in modo da
ricevere la cornice ottagonale, su cui s’imposta la piramide del
1 Cfr: vol. 11; pag. 410 e
2 Tale quello di Alba Fucense, segnato Andreas magister romanus fecit hoc opus.