Full text: L' arte romanica (3)

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tiburio. Questa forma si complica sempre più: l’ordine di co- 
lonnine sostiene un secondo architrave, su cui s’innalza un 
secondo ordine d’altre colonnine disposte così da ricevere la 
base d’una piramide tronca ottagonale, sormontata da una lan- 
terna con altre colonnine in giro e terminata pure a piramide. 
Così sono i ciborî della basilica di San Lorenzo fuori le Mura 
e di San Giorgio in Velabro, in Roma, delle cattedrali di Fe- 
rentino e d’Anagni, di Sant'Andrea al Fiume, di Ponzano 
Romano, della chiesa di Rocca di Botte. Quello di Ferentino, 
con le colonnine di varia forma e dimensioni non equidistanti 
e con la base della lanterna che, come nel ciborio d’Anagni, 
s’imposta quadrata sul tronco di piramide, non raccordata alla 
sezione di questa, è inferiore agli altri, opera di un marmo- 
raro romano che si firma DRVDVS DE TRIVIO.* Dopo questi 
ciborî, l’arco acuto si sostituisce al tondo, e Arnolfo in San 
Paolo e in Santa Cecilia disegna il nuovo tipo di ciborio, 
che viene imitato a San Giovanni in Laterano e a Santa Maria 
in Cosmedin. Quest'ultimo è firmato da Adeodato, che forse 
tradusse semplicemente il disegno fornitogli dal socio di Ar- 
nolfo nell’opera del ciborio di San Paolo, cioè da Pietro Ca- 
vallini, il che è dimostrato dal musaico della fronte del ci- 
borio, rappresentante la Vergine e l’Annunziata, in una forma 
e con colori proprî dell’autore dei musaici di Santa Maria in 
Trastevere. Ma di quest’opera, che oltrepassa già i limiti di 
questo volume, parleremo in seguito: per ora ci basti d’avere 
indicato che l’ultima evoluzione del ciborio de’ Cosmati si deve 
a Pietro Cavallini, romano, socio d’Arnolfo di Cambio, che 
disegnò e ornò il ciborio di Santa Maria in Cosmedin per 
il cardinale Francesco Caetani. Lo stemma di questa famiglia, 
che si vede nel ciborio di Santa Maria in Trastevere, come 
nel frammento dell’affresco di Giotto a San Giovanni in 
Laterano, suggerisce pensieri sull’associazione dell’artista 
1 A Santa Francesca Romana, in una pietra all’angolo della prima cappella a sinistra, 
si legge: DRVDVS. DE. TRI | VIO. H(vivs) OP(er)I1S MAG(iste)R . FVIT. In un lavabo 
nel Museo delle Terme: MAGR.DRVDVS.ME FECIT (Vedi GIOVANNONI, op. cit.).
	        
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