Full text: La scultura del Trecento e le sue origini (4)

ta- co 
6 taux, nè il suo seguace, fornirono osservazioni stilistiche sicure, 
ne e quegli anzi sinceramente scrisse ché l’uso del trapano, visi: 
"zi pile nelle figure migliori de’ bassorilievi, come in quelle del Ma- 
EA, trimonio mistico, non si scorge nelle Virtà, negli angeli, nelle 
ni; sette Arti, nei personaggi della famiglia reale sul mausoleo di 
re Roberto, cioè nelle parti più ragguardevoli dell’opera mo- 
numentale. Lo notò invece nelle mediocri statuette de’ pilastri, 
dove però sono anche figure coi movimenti più legati, dalle 
linee meno arcuate, con le vestimenta meno strette ai corpi, e 
senza che il trapano forzi gli scuri e l’effetto delle pieghe. Non 
solo: vi sono statuette di un maestro locale, per esempio 
|’ Apostolo con la croce nel pilastro anteriore a sinistra. A quel 
maestro e ad altii indigeni appartengono anche con tutta pro- 
babilità la prima figura a destra delle Arti liberali, gli angioli 
del timpano e altre figure nella parte più elevata del monu- 
mento. Se il Bertaux avesse tenuto presente che Giovanni 
e Pacio di Firenze si mostrano seguaci di Tino di Camaino, 
e avesse ricordato i bassorilievi di Tino stesso che adornano 
la sepoltura del vescovo Orso nel Duomo di Firenze, avrebbe 
riconosciuto la mano di quel celebre maestro nel poema scol- 
pito in Santa Chiara di Napoli. Notisi che Pacio e Giovanni, 
pure imitando Tino, si mostrano impacciati ne’ movimenti, 
meno sciolti, come affaticati; e mai nobili, eleganti, fini al 
pari del caposcuola. Lisciate, tondeggianti le loro forme, O 
ie scavate e punteggiate dal trapano, non giungono mai alla 
lr grandezza del loro prototipo. È probabile che Pace o Pacio 
pi sja lo stesso maestro fiorentino che nel 1328 lavorava le co- 
È lonne di marmo per ;1 chiostro di San Martino, la grande 
il Certosa eretta da Tino; e Giovanni fiorentino potrebbe essere 
: lo stesso scultore che è firmato nell’angiolo portacandelabro 
- del Battistero di Firenze. 
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È probabile che gli aiuti di Tino di Camaino restassero 
a Napoli, specialmente per eseguire i tanti monumenti fune-
	        
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