Full text: La pittura del Trecento e le sue origini (5)

i 20] ia 
molti ornati discorsi. Non abbiamo documenti dell’incontro 
delle persone, ma bene avvenne quello delle anime grandi nel- 
l’ideale dell’arte, che Dante vide nella « verità della vita ». 
| Giotto lasciò Roma che lo aveva erudito. Venuto forse 
con Cimabue, rimase, come il suo maestro, vinto dalle forme 
fiorenti alle rive del Tevere. Con lo slancio della sua natura 
giovanile, apprese il bello stile che Pietro Cavallini diffon- 
deva con mano sicura; e lavorò poi co’ compagni, anche 
romani, ad Assisi, primo nell’ordine del lavoro e nel merito. 
Gli affreschi che abbiamo designati per suoi, si mostrano 
tali non solo per la intima bellezza del suo stil nuovo, ma 
anche per il riscontro con le opere successive. Non è pos- 
sibile confondere con altri il genio che sorprese a volo i 
moti dell’anima. Cimabue che, come vuole la tradizione, di- 
resse i suoi primi passi, non si intravede nelle sue forme 
equilibrate, senza gigantesca possanza; l’arte bizantina che 
ispirava la pittura italiana non si scorge più in lui, libero e 
popolare; e l’arte romana sua educatrice, più che a ricerche 
di monumentalità, dedicò alla grandezza e alla vivezza degli 
affetti umani.
	        
Waiting...

Note to user

Dear user,

In response to current developments in the web technology used by the Goobi viewer, the software no longer supports your browser.

Please use one of the following browsers to display this page correctly.

Thank you.