Full text: La pittura del Trecento e le sue origini (5)

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opere, che, come vedremo, non si devono assegnare ai primi 
anni del secolo XIV. Si vuole sia stato in questo tempo anche 
a Pisa, seguendo Cimabue, che nella Primaziale di quella 
città lavorava di musaico, e là abbia eseguito per il con- 
vento di San Francesco la gran tavola col Santo che riceve 
le stimmate, ora a Parigi, nel museo del Louvre (fig. 244). 
Già il Vasari, dopo aver detto degli affreschi di Giotto in 
Assisi, scrisse: « Finito dunque che ebbe per ultimo il detto 
San Francesco, se ne tornò a Firenze; dove giunto, dipinse, 
per mandare a Pisa, in una tavola un San Francesco nel- 
l’orribile sasso della Vernia, con straordinaria diligenza; 
perchè, oltre a certi paesi pieni d’alberi e di scogli, che fu 
cosa nuova in que’tempi, si vede nell’attitudine di San Fran- 
cesco, che con molta prontezza riceve ginocchioni le stim- 
mate, un ardentissimo desiderio di riceverle ed infinito amore 
verso Gesù Cristo, che in aria circondato di Serafini glie le 
concede, con sì vivi affetti, che meglio non è possibile im- 
maginarsi...». Evidentemente il Vasari, descrivendo la pit- 
tura della quale più non aveva chiaro ricordo, la rappresentò 
differente da quella che è: egli vide i paesi pieni d’alberi e 
di scogli, mentre qui non c’è che una delle solite aride sco- 
gliere, non nuove ai tempi di Giotto; vide in San Francesco 
ardentissimo desiderio e molta prontezza a ricever le stim- 
mate, mentre pare che egli abbia dolore e spavento. Così 
invece di Cristo coperto d’ali come un Serafino, il Vasari 
descrive Gesù in aria circondato da molti Serafini. Il pittore 
e biografo aretino amplificava tutto, moltiplicava i paesi nel 
fondo, gli alberi che li popolano e i Serafini nell’aria; nè 
intendeva il senso dato alla figura del Beato Francesco, nella 
quale, secondo la leggenda francescana, non erano espressi 
la prontezza nel ricevere le stimmate e il desiderio ardentis- 
simo, bensì il turbamento dell’anima del frate assorta nella 
contemplazione de’ patimenti di Cristo. A parte i criterì della 
descrizione vasariana, convien chiederci se la pittura sia real- 
mente di Giotto, e se dobbiamo prestar fede alla scritta
	        
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