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i i i terzo seguace di forme oblunghe ci è rivelato nella scena di
e Cristo sulla via del Calvario, e si rivelerà anche in alcune
° figure ne’ fregi della cappella.
Sotto la cornice a finto marmo tirata sotto l’ultimo or-
dine delle storie, negli spazi intermedî tra i pilastri e le
mensole che la reggono, sono a destra, a chiaroscuro; le See
lirtu, a sinistra i Sette Vizi capitali. La rappresentazione
delle Vi7z#, quale era stata suggerita dalla Psicomachia di
Prudenzio, dal libro primo De O /ficrzs' di Cicerone, dai pre-
cetti di Sant'Agostino, era stata modificata essenzialmente
dallo spirito bizantino; per cui i Vizî si oppongono a quelle
come îl male al bene, la brutalità alla grandezza morale.
Giotto si attenne ai concetti rinnovati delle allegorie, quali
del resto si erano già espressi anche nel periodo romanico,
in cui si figurarono sulle cattedrali i Vizi alla gogna, le Vita
nell’apoteosi; ma il sommo pittore trovò le parole che erano
mancate alla rude arte romanica.
la Speranza (fio. 298), che è, al dire'di Dante,
.. Uno attender certo
della gloria futura,
fu rappresentata, anche in antico, con le ali e la corona di
fiori; e Giotto, seguendo il concetto classico, la dipinse gio-
vane, alata, volante, con le mani stese al premio, alla gloria
futura, alla corona che un angiolo le tende. La forma clas-
sica ricorse nelle forme di Giotto anche nel getto delle vesti
della figura, mosse all’indietro, ondeggianti, come quelle degli
antichi genî; ma in quello slancio di tutta la fanciulla verso
il guiderdone sognato è l’ardore del desiderio, la brama del-
l’anima. Giotto non dette semplicemente le ali alla Speranza,
ma la fece volare su dalla terra, per quel bisogno suo di met-
tere in azione le sue figure. Non le aggiunse attributi: le