Full text: La pittura del Trecento e le sue origini (5)

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a San Gimignano, dove frescò il Giudizio universale. Nel 1395 
torna a Pisa, e vi lavora una tavola per una cappella di San 
Francesco, che nel ’97 frescò per Donna Datuccia figlia di 
ser Betto de’ Sardi.’ Gli affreschi coperti di bianco furono 
in gran parte restituiti alla luce nel 1852. A Pisa lavorò 
anche nella chiesetta di San Michele, e di 1à passò a Siena, 
a Montepulciano e a Perugia, per recare al nuovo secolo il 
bagaglio de’ suoi materiali raccoglitieci. Con essi però non | 
seppe rendere gli echi poetici delle leggende care al Tre- 
cento. Quella della Morte della Vergine, da lui rappresen- 
tata a Pisa e nella cappella del Palazzo Pubblico di Siena, 
manca delle ali del racconto che Duccio già nella famosa 
pala aveva distese. 
Coi modi simili a Taddeo di Bartolo dipinsero l’abbronzato 
Martino di Bartolommeo (1389-1434), aiuto a Pisa di Gio- 
vanni di Pietro da Napoli (1402); ed il figlio adottivo di 
Taddeo stesso, Gregorio di Cecco, di Luca (1389-1423) assi- 
stente ed erede del maestro. Ma questi svolgono la loro atti- 
vità oltre il periodo da noi studiato, quando già il Sassetta, 
pur memore delle antiche forme senesi, accennava al nuovo. 
L’arte di Duccio, di Simone Martini, di Lippo Memmi, 
di Ambrogio Lorenzetti aveva perduto la sua bellezza in 
quei piccoli apparatori senesi, graziosi, ma frivoli, senza 
forza d’ossa e di muscoli. Sotto i drappi fioriti, i manti rica- 
mati, i broccati d’oro, le forme s’inaridiscono o Ss’accasciano 
inanimate. Appena il timido Bartolo di Fredi riesce a far 
mormorare qualche parola alle sue vizze figure, mentre 
Taddeo di Bartolo pietrifica le sue sulle.tavole d’altare. Par 
che l’aria di maremma spiri e abbatta gli spiriti, sì grandi e 
gloriosi un giorno. 
I SCHUBRING, Die primitiven ltaliener im Louvre (Zeitschrift fur christliche Kunst, 
1901, n. 12).
	        
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