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vico Orselli sborsò cinquecento ventinove lire e dieci soldi
al pittore Andrea da Firenze pro pictura storie Beati Ra-
neri, pro residuo dicte storie.* Le storie lasciate incompiute
furono continuate più tardi da Antonio Veneziano; e ciò fa
supporre che la morte interrompesse il lavoro. Ricordiamo
che a’ 2 di novembre del 1377 Andrea Bonaiuti fece testa-
mento, nominando erede Bartolomeo suo figliuolo. Può quindi
credersi che egli, e non Andrea Ristori, il quale visse sino
al 1392, sia il pittore del cappellone degli Spagnuoli, e delle
prime storie di San Ranieri nel Camposanto di Pisa.
L'artista non si: limitò - alle tre storie descritte, poichè,
come già dicemmo, la sua flava colorazione si ritrova nella
Crocefissione (fig. 655) dello stesso Camposanto, specialmente
nel gruppo delle donne a sinistra, nelle teste piccole degli
Angioli intorno al Crocefisso, negli scorci mal riusciti di teste
che paion grugni bestiali. Giustamente fu notato che quelle
figure di donna sono «abilmente disegnate quanto alla co-
struzione e all’andamento della testa, alla eleganza della ac-
conciatura e del collo, e ad una certa grazia che traspare
dal volto delle più giovani», e proprie di maestro che subì
«in parte l’influenza della scuola senese»; ma poi si acco-
munarono quelle figure con le altre di maniera dissimile dei
due affreschi della Resurrezione e dell’Ascensione, e tutte
si indicarono come di scuola pisana. * Per noi le prime sono
soltanto accomunate per tempo alle seconde, prossime di
soggetto, in ordine immediatamente successivo; e provano
che il pittore della Resurrezione, dell’Apparizione degli Apo-
1 BONAINI, Memorie inedite del disegno, pag. 104.
2 SUPINO, 77 Camposanto cit., pag. 46 e seg. La incertezza del giudizio del SUPINO,
che illustrò del resto con tanta amorosa cura le pitture del Camposanto, può osservarsi
nella sua Arte Pisana (1904), dove mette a riscontro disegni calligrafici a contorni astratti
di teste del Traini e del pittore del Zyionfo della Morte, i quali mostrano tutt’al più
relazioni generali di forma, quali si trovano in molte opere trecentesche di maestri di-
versissimi. Lo stesso autore attribuì a Barnaba da Modena una tavoletta del Museo
Civico di Pisa (Rivista d’arte, III, 1, 1905), la quale già era stata confrontata con gli
affreschi in questione, accennando a criterî stilistici e facendo confronti erronei, per
arrivare a un’attribuzione sbagliata della tavoletta, che con Barnaba non ha nulla a
che fare
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